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 Escursione alla Grotta del Diavolo o Grotta di Mezzogiorno del 13 marzo 2011 ::
 
  Sabato, 02 Aprile 2011 - 17:32 :: 97290 Letture

Il resoconto della escursione compiuta il 13 marzo u.s.  (continua)

E’ una nuvolosa giornata invernale, la pioggia incombe, cerchiamo di contattare uno del gruppo; manca, lo ritroveremo più avanti*. La collina è sempre verdeggiante, come le montagne circostanti e degrada verso una ampia pianura ricca di corsi d’acqua. Siamo in appennino centro meridionale, in lontananza si  scorgono delle chiazze bianche, stavolta di neve, non è strano. Gli inverni sono da noi piuttosto rigidi e non è difficile trovare sulla parte alta dei rilievi chiazze di neve sino a tarda primavera.

E’ il 13 marzo 2011 ed iniziamo a ripercorrere a ritroso nel tempo la nostra storia. Novelli Benjamin Button, ci inerpichiamo per la moderna S.P.331 in direzione Castello del Matese, attraversando in un colpo solo duemilacinquecento anni di storia. La moderna cittadina di Piedimonte Matese è sotto di noi, sulla parte alta il borgo medioevale. Sul Cila i poligonali dei Pentri rievocano il ricordo della Allifae sannitica. Attraversiamo l’abitato di Castello del Matese ed anche qui ai piedi della torre risalta la stratificazione sannitica (del basamento), medievale (della parte superiore e delle torri), indi gli abitati della nostra contemporaneità (articolo intero)

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Commenti
N° 2926 - giuseppe ha scritto::
Giu-’20
16

DI 13000 ANNI FA LA SCULTURA PIU' ANTICA DELL'ASIA ORIENTALE Scolpita in osso bruciato, una minuscola statuetta di uccello è la più antica opera d'arte cinese conosciuta, grazie alla scoperta fatta da un team internazionale di cui fa parte il torinese Francesco d'Errico, ricercatore alle università di Bordeaux (Francia) e Bergen (Norvegia). Gli altri ricercatori responsabili dello studio appartengono all'università di Shandong (Cina), Bordeaux e al Weizmann Institute of Science (Israele). La scoperta, pubblicata oggi sulla rivista Plos One, anticipa le origini della scultura e delle rappresentazioni animali nell'Asia orientale di oltre 8.500 anni. La statuetta è stata rinvenuta a Lingjing, un sito nella provincia di Henan, in un contesto archeologico datato tra i 13.800 e i 13.000 anni fa. Lo stile della statuetta - unica scultura paleolitica conosciuta che rappresenta un animale in piedi su un piedistallo - indica una tradizione artistica originale, diversa da quelle conosciute in Europa occidentale e in Siberia, alcune delle quali risalgono a 40.000 anni fa. Il suo eccezionale stato di conservazione e l'uso di tecniche di analisi avanzate, come la microscopia confocale e la microtomografia, hanno permesso al team di ricostruire meticolosamente il comportamento dell'artista paleolitico. Fonte Ansa
N° 2950 - giuseppe ha scritto::
Lug-’20
05

ARCHEOLOGIA SUBACQUEA IN AUSTRALIA, SCOPERTI MANUFATTI di 7/8500 ANNI FA Un team di archeologi ha identificato due siti archeologici sottomarini al largo della costa nord-occidentale dell'Australia: Cape Bruguieres e Flying Foam Passage. Il termine “archeologia subacquea” spesso fa venire in mente immagini di relitti di navi sommerse, ma un nuovo studio mostra che probabilmente ci sono molti importanti indizi sulla storia umana nascosti sotto il fondo del mare ed è possibile trovarli. Un team di archeologi ha identificato due siti archeologici sottomarini al largo della costa nord-occidentale dell’Australia: Cape Bruguieres e Flying Foam Passage. La scoperta segna i primi siti sottomarini trovati nel continente ed è stata riportata sulla rivista ad accesso aperto PLoS One. “I nostri risultati rappresentano il primo passo di un viaggio di scoperta che ci permetterà di esplorare il potenziale dell’archeologia sulle piattaforme continentali per colmare una lacuna importante nella storia umana“, ha detto alla CNN il primo autore Jonathan Benjamin, archeologo della Flinders University di Adelaide. Benjamin e il suo team hanno trovato 269 manufatti in pietra a Cape Bruguieres. La datazione al carbonio ha posto i manufatti a circa 7000 anni fa. Sono state trovate scaglie di pietra che erano state tagliate da rocce più grandi per essere usate per tagliare o raschiare, rocce a forma di cono probabilmente usate per macinare e due oggetti che sembrano stati usati per macinare pietre. Il secondo sito, Flying Foam Passage, è una sorgente d’acqua dolce a diversi metri sotto la superficie dell’oceano. Sul posto è stato trovato uno strumento di pietra vecchio di 8.500 anni simile a quelli trovati a Cape Bruguieres. I ricercatori ipotizzano che lo strumento sia arrivato in quest’area perché gli aborigeni australiani potrebbero aver usato la sorgente come fonte di acqua dolce prima che venisse sommersa con l’innalzamento del livello del mare. Foto e disegni mostrano alcuni dei manufatti in pietra trovati. L’Australia era un terzo più grande durante l’ultimo periodo glaciale, che è durato da 110.000 a 10.000 anni fa, rispetto ad oggi. Durante quel periodo ci furono molti importanti momenti della storia umana: gli umani impararono a costruire barche, a pescare e raccogliere altre risorse dagli habitat marini. L’ultimo periodo glaciale si è concluso circa 10.000 anni fa. Gli archeologi hanno a lungo ipotizzato che molti indizi sulla prima storia umana siano rimasti sotto il livello del mare dopo l’innalzamento delle acque. L’archeologia subacquea non è semplice come l’archeologia. Ad esempio, il sale e la sabbia nell’acqua di mare possono erodere gli artefatti e le correnti possono spostarli su lunghe distanze o seppellirli sotto spessi strati di sedimenti. Molti dei manufatti trovati erano coperti di alghe, coralli, spugne e altre forme di vita marina che ne hanno reso difficile l’identificazione. Infine, è difficile, pericoloso e costoso raggiungere siti offshore. Quindi, gli archeologi vogliono assicurarsi che ci siano buone probabilità di trovare qualcosa prima di prepararsi per le immersioni subacquee. Per esplorare potenziali siti, il team ha mappato la costa australiana usando fotografie aeree e LiDAR. Hanno usato droni telecomandati per esplorare l’area dall’alto e un sistema sonar per ottenere una disposizione accurata del fondo oceanico in 3D.
N° 2954 - giuseppe ha scritto::
Lug-’20
07

RITROVATA ANTICA STELE IN ANATOLIA Un gruppo internazionale di ricerca lavora ormai dal 2017 in un sito, Türkmen-Karahöyük (Turchia Centrale), risalente all’età del bronzo e del ferro, abitato all’incirca tra il 3500 il 100 a.C. Nel 2019 succede qualcosa che manda in fibrillazione Michele Massa, direttore del progetto archeologico regionale Konya del British Institute, e James Osborne, professore assistente dell’Istituto Orientale dell’Università di Chicago. Mentre tutti i ricercatori e gli studenti sono lì intenti a raccogliere frammenti di ceramiche, a mappare il grande tumulo, a fotogrammarlo dall’alto con i droni, scoprendo tra l’altro che si tratta di uno dei più grandi siti pre-ellenistici dell’Anatolia, ecco che arriva un contadino a raccontare di una grande pietra con strane incisioni che affiora da un canale di drenaggio in un terreno di sua proprietà, lì nelle vicinanze degli scavi. L’uomo descrive così bene la pietra da suscitare l’immediata curiosità di Massa e Osborne. I due archeologi si precipitano sul luogo, vedono la pietra semisommersa e subito scendono nel canale, con l’acqua che arriva ai loro fianchi. Basta un’occhiata e gli archeologi capiscono subito di trovarsi davanti a un’antichissima stele, incisa con caratteri luviani. Il luvio è un’antichissima lingua indoeuropea, usata in Anatolia nell’età del bronzo e del ferro, che nella forma scritta si avvale di caratteri cuneiformi e di geroglifici. Quella stele, così fortunosamente ritrovata, è un tesoro archeologico: “In un lampo abbiamo avuto nuove importanti informazioni sull’età del ferro in Medio Oriente”, dice Osborne. Perché quella vecchia pietra racconta di un regno fino ad ora sconosciuto, governato da un sovrano di nome Hartapu, che riesce a conquistare il vicino regno di Muska, che dovrebbe corrispondere alla Frigia dell’età del ferro, dove governava Mida, il re dal tocco d’oro. Sulla pietra c’è scritto: “Gli dei della tempesta hanno consegnato i re [opposti] a sua maestà”, e l’entusiasta Osborne la descrive come “una scoperta meravigliosa, incredibilmente fortunata”. Un particolare geroglifico ha subito fatto capire che quell’incisione era un messaggio dal re al suo popolo. Gli archeologi ancora non sanno il nome di quel regno perduto, ma ipotizzano che il sito di Türkmen-Karahöyük fosse la sua capitale, e Hartapu il suo re, all’incirca nell’VIII secolo a.C. La scoperta della stele chiarisce anche un’altra scritta trovata, già da molto tempo, su un vulcano a 16 chilometri a sud del sito archeologico, dove viene nominato un re Hartapu, sconosciuto quanto il suo regno, almeno fino al ritrovamento delle pietra. Oltre al valore storico-archeologico, la stele stuzzica la fantasia degli amanti del mito, con quel riferimento alla vittoria riportata sul re della Frigia, che potrebbe identificarsi con il leggendario Mida, un personaggio a metà tra realtà e fantasia. Il mito racconta di questo re avido che chiede al dio Dioniso un dono particolare: poter trasformare in oro tutto ciò tocca. Viene accontentato, ma così non riesce nemmeno più a mangiare ed è costretto a chiedere a Dioniso di togliergli quel potere. Nemmeno la figura storica di Mida è ben chiara: per qualche studioso visse nel II millennio a.C, per altri era il sovrano che nell’VIII secolo a.C. regnava sul popolo dei Muški, proprio quelli sconfitti dal re Hartapu. Come sempre accade quando si torna così indietro nel tempo, mito e storia si intrecciano e solo vecchie pietre dimenticate possono, talvolta, raccontare qualcosa di nuovo. Fonte Annalisa Lo Monaco ARTICOLO PRECEDENTE I Pirati di Edelweiss: i Giovani che sfidarono Hitler ballando il Jazz PROSSIMO ARTICOLO Stati Uniti e immigrazione: una lunga storia di miseria e riscatto FACEBOOK INSTAGRAM Vanilla Magazine INFORMAZIONIPUBBLICITÀ/ADVSCRIVI SU VANILLA MAGAZINEUTILIZZO DEI COOKIEPRIVACY POLICY VANILLA MAGAZINE - P.I. IT02579490398 Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione per inviarti pubblicità in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner o scorrendo questa pagina acconsenti all'uso dei cookies.
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