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 Escursione alla Grotta del Diavolo o Grotta di Mezzogiorno del 13 marzo 2011 ::
 
  Sabato, 02 Aprile 2011 - 17:32 :: 97288 Letture

Il resoconto della escursione compiuta il 13 marzo u.s.  (continua)

E’ una nuvolosa giornata invernale, la pioggia incombe, cerchiamo di contattare uno del gruppo; manca, lo ritroveremo più avanti*. La collina è sempre verdeggiante, come le montagne circostanti e degrada verso una ampia pianura ricca di corsi d’acqua. Siamo in appennino centro meridionale, in lontananza si  scorgono delle chiazze bianche, stavolta di neve, non è strano. Gli inverni sono da noi piuttosto rigidi e non è difficile trovare sulla parte alta dei rilievi chiazze di neve sino a tarda primavera.

E’ il 13 marzo 2011 ed iniziamo a ripercorrere a ritroso nel tempo la nostra storia. Novelli Benjamin Button, ci inerpichiamo per la moderna S.P.331 in direzione Castello del Matese, attraversando in un colpo solo duemilacinquecento anni di storia. La moderna cittadina di Piedimonte Matese è sotto di noi, sulla parte alta il borgo medioevale. Sul Cila i poligonali dei Pentri rievocano il ricordo della Allifae sannitica. Attraversiamo l’abitato di Castello del Matese ed anche qui ai piedi della torre risalta la stratificazione sannitica (del basamento), medievale (della parte superiore e delle torri), indi gli abitati della nostra contemporaneità (articolo intero)

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Commenti
N° 2978 - giuseppe ha scritto::
Ago-’20
03

SPAZIO, DRAGON AMMARA IN MESSICO Spazio, 'Dragon' tocca terra in Messico La Space X Crew Dragon, con a bordo due astronauti americani, è ammarata nel Golfo del Messico. Lo ha annunciato la Nasa. La navicella era partita lo scor- so 30 maggio per la Stazione Spaziale Internazionale. "Gli astronauti hanno completato il primo ammaraggio in 45 anni. Molto con- tento!". Così Trump commenta il ritorno sulla Terra della navicella con a bordo gli astronauti Bob Behnken e Doug Hur- ley. E' il primo ammaraggio di un vei- colo spaziale Usa dal 1975 in occasione della missione Apollo-Soyuz. Fonte RAI
N° 3018 - giuseppe ha scritto::
Set-’20
02

INDIETRO NEL TEMPO, L'OROLOGIO AL RADIOCARBONIO Un orologio al radiocarbonio svela i segreti del passato Un gruppo internazionale di ricerca, che ha coinvolto anche l’Università di Bologna, ha messo a punto nuovi standard per le datazioni al radiocarbonio. Ciò permetterà di datare reperti risalenti fino a 55.000 anni fa con una precisione fino a oggi impensabile (era possibile andare indietro nel tempo “solo” fino ai 50.000 anni fa). Il progetto, portato avanti per sette anni, è stato realizzato grazie all’analisi di oltre 15 mila reperti. I risultati compongono tre nuove curve di calibrazione del radiocarbonio: IntCal20 per i reperti rinvenuti nell’emisfero nord del pianeta, SHCal20 per l’emisfero sud e Marine20 per il mondo degli oceani. Più informazioni su Homo Sapiens (ovvero noi) Per l’Università di Bologna ha partecipato allo studio Sahra Talamo, docente del Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” e Principal Investigator del progetto ERC RESOLUTION, che spiega:«Queste nuove curve di calibrazione del radiocarbonio ci daranno la possibilità di osservare il passato con un livello di dettaglio mai raggiunto prima. Tutto questo ci permetterà ad esempio di ottenere nuove informazioni su un periodo cruciale della storia di Homo Sapiens: la dinamica del suo arrivo in Europa, le interazioni avute con l’Uomo di Neandertal e quando le popolazioni di queste due specie si sono sovrapposte in differenti regioni europee». La professoressa Sahra Talamo ha partecipato alla messa a punto dell’orologio al radiocarbonio “IntCal20” che porta a Nuove informazioni anche sui cambiamenti climatici La tecnica del radiocarbonio svolge un ruolo fondamentale per l’avanzamento di molti campi di ricerca. Non solo per gli archeologi, a cui offre la possibilità di datare con precisione antichissimi resti (pre)storici, ma anche ad esempio per chi si occupa di geoscienze, permettendo di ricostruire le variazioni climatiche avvenute nel corso di lunghi archi temporali e offrendo così informazioni utili per prepararsi ai cambiamenti climatici futuri. Per Paula Reimer, della Queen’s University Belfast (Regno Unito), che ha guidato il gruppo di ricerca internazionale «L’avvento delle datazioni al radiocarbonio ha rivoluzionato il campo dell’archeologia e delle scienze ambientali. Migliorare le curve di calibrazione ci permette di conoscere meglio la nostra storia: questo nuovo aggiornamento degli standard utilizzati sarà fondamentale per rispondere a domande cruciali sull’evoluzione del mondo in cui viviamo e sul ruolo svolto dell’uomo in questo processo». Il radiocarbonio? Una scoperta da Nobel La tecnica del radiocarbonio è stata sviluppata nel 1949 da Willard Frank Libby: una scoperta che gli valse, nel 1960, il premio Nobel per la chimica. Alla base del suo funzionamento ci sono due isotopi di carbonio: uno stabile, il Carbonio-12, e uno radioattivo, il Carbonio-14. Un meccanismo “naturale” Poiché tutti gli esseri viventi assorbono carbonio, sotto forma di CO2, questo significa che i due isotopi di Carbonio-12 e Carbonio-14 sono presenti nel loro organismo nella stessa proporzione con cui erano nell’atmosfera durante il periodo in cui sono vissuti. Quando però un organismo muore, il processo di acquisizione di nuovo carbonio s’interrompe. A quel punto, gli isotopi stabili di Carbonio-12 restano invariati, ma gli isotopi radioattivi di Carbonio-14 iniziano un processo di decadimento di cui conosciamo con precisione i tempi. In questo modo, quando misuriamo la quantità restante di Carbonio-14 in un campione organico possiamo determinare l’età della morte dell’organismo a cui è appartenuto. Fonte Archeologia Viva
N° 3041 - giuseppe ha scritto::
Set-’20
17

IN UN DENTE TRACCE DNA DI NEANDERTHAL DI 80.000 ANNI FA Si tratta del più antico genoma mitocondriale dell'Europa centro-orientale. A guidare la ricerca esperti dell’Università di Bologna Analizzando un dente molare, ritrovato nel 2007 nella grotta di Stajnia in Polonia, è stato scoperto il più antico genoma mitocondriale di un Neanderthal mai rinvenuto prima nell'Europa centro-orientale, un Dna che risale a 80mila anni fa. Lo studio coordinato dalla professoressa Sara Talamo del dipartimento di Chimica dell'Università di Bologna è stato pubblicato su "Scientific Reports", rivista del gruppo 'Nature'. L’importanza della scoperta Il risultato ottenuto dagli studiosi è particolarmente importante per comprendere un periodo cruciale della storia dell'uomo di Neanderthal quando l'ambiente era caratterizzato da un'estrema stagionalità e alcuni gruppi si disperdevano ad est verso l'Asia centrale. E rispetto al quale oggi c'è un numero limitato di reperti studiati dal punto di vista genetico. "Si tratta - spiega Sara Talamo a Unibo Megazine - di un reperto rinvenuto in un sito archeologico impegnativo, questo studio rappresenta un grande esempio di come l'orologio genetico molecolare possa essere incredibilmente efficace per definire cronologie che vanno oltre 55 mila anni fa" conferma Talamo, che ha avuto la collaborazione di Stefano Benazzi, professore al dipartimento di Beni culturali e di studiosi tedeschi e polacchi. "La morfologia del dente è tipica dell'uomo di Neanderthal - aggiunge - confermata anche dall'analisi genetica lo stato di usura della corona fa pensare che sia appartenuto ad un adulto". Il dente analizzato è stato scoperto nel 2007 durante uno scavo archeologico nella grotta di Stajnia diretto da Mikołaj Urbanowski – co-autore dello studio – assieme ad ossa di animali e ad alcuni strumenti di pietra. “Abbiamo prima scoperto che il genoma mitocondriale di Stajnia S5000 era il più vicino a resti neanderthaliani trovati nella grotta di Mezmaiskaya, nel Caucaso, e abbiamo quindi utilizzato l'orologio genetico molecolare per determinare l’età approssimativa del dente” commenta Mateja Hajdinjak, ricercatrice presso l’Istituto Max Planck di Antropologia Evolutiva che ha contributio alla ricerca. “Dal punto di vista geografico, la scoperta di questo dente ci permette di fissare nuovi punti cronologici sulla mappa di distribuzione delle informazioni genetiche dei neanderthaliani”. La collezione litica rinvenuta nella grotta di Stajnia presenta infatti una serie di caratteristiche comuni a siti importanti in Germania, in Crimea, nel Caucaso settentrionale e nella regione dei monti Altai. “Somiglianze che sono probabilmente il risultato della crescente mobilità dei gruppi di Neanderthal, i quali spesso si spostavano attraverso le pianure dell'Europa settentrionale e orientale inseguendo animali migratori adattati al freddo” si legge nel comunicato dell’Università di Bologna. Fonte Sky tg 24 e Università Bologna
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