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 Escursione alla Grotta del Diavolo o Grotta di Mezzogiorno del 13 marzo 2011 ::
 
  Sabato, 02 Aprile 2011 - 17:32 :: 97085 Letture

Il resoconto della escursione compiuta il 13 marzo u.s.  (continua)

E’ una nuvolosa giornata invernale, la pioggia incombe, cerchiamo di contattare uno del gruppo; manca, lo ritroveremo più avanti*. La collina è sempre verdeggiante, come le montagne circostanti e degrada verso una ampia pianura ricca di corsi d’acqua. Siamo in appennino centro meridionale, in lontananza si  scorgono delle chiazze bianche, stavolta di neve, non è strano. Gli inverni sono da noi piuttosto rigidi e non è difficile trovare sulla parte alta dei rilievi chiazze di neve sino a tarda primavera.

E’ il 13 marzo 2011 ed iniziamo a ripercorrere a ritroso nel tempo la nostra storia. Novelli Benjamin Button, ci inerpichiamo per la moderna S.P.331 in direzione Castello del Matese, attraversando in un colpo solo duemilacinquecento anni di storia. La moderna cittadina di Piedimonte Matese è sotto di noi, sulla parte alta il borgo medioevale. Sul Cila i poligonali dei Pentri rievocano il ricordo della Allifae sannitica. Attraversiamo l’abitato di Castello del Matese ed anche qui ai piedi della torre risalta la stratificazione sannitica (del basamento), medievale (della parte superiore e delle torri), indi gli abitati della nostra contemporaneità (articolo intero)

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Commenti
N° 1037 - giuseppe ha scritto::
Lug-’16
26

SOLAR IMPULSE CONCLUDE IL GIRO DEL MONDO L'aereo svizzero Solar Impulse ha vinto la sfida di realizzare il primo giro del mondo senza carburante,con la sola energia solare.Ultima tappa è stato l'aeroporto di Abu Dhabi (Emirati Ara- bi),dove l'aereo è atterrato alle 4:05, dopo più di 43mila km percorsi in oltre un anno e 4 mesi e 17 tappe in quattro continenti, pilotato in alternanza dai due promotori del progetto,gli svizzeri Piccard e Borschberg. L'impresa dimostra che "le tecnologie pulite possono raggiungere l'impossibi- le",afferma una nota di Solar Impulse. Pure questo è evoluzione umana. da Fonte RAI
N° 1048 - giuseppe ha scritto::
Ago-’16
03

Arcevia: riaperta l'area archeologica di Conelle. È stata riaperta venerdì 29 luglio l’area archeologica di Conelle di Arcevia. Al suo interno è possibile visitare un fossato preistorico risalente all’età del Rame (circa 5000 anni fa). Quest’opera monumentale (7 m di profondità per 120 m di lunghezza) fu costruita dagli abitati del vicino villaggio con scopi difensivi. Lo scavo del fossato, iniziato dall’Università di Roma La Sapienza alla fine degli anni Cinquanta, ha restituito moltissimo materiale faunistico, manufatti litici e frammenti ceramici, fra cui le note brocche a orlo obliquo, oggi esposte presso il Museo Archeologico Nazionale delle Marche e presso il Museo Archeologico Statale di Arcevia. All’evento, curato dalla dott.ssa Ilaria Venanzoni (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche), hanno partecipato i sindaci di Arcevia Andrea Bomprezzi e di Castelleone di Suasa Carlo Manfredi. Dopo la visita guidata al sito, la dott.ssa Roberta Vico (Scuola di Specializzazione in Archeologia di Bologna) ha condotto un laboratorio didattico sulla ceramica., per bambini fra i 6 e 10 anni. Al termine, la cooperativa “La bona usanza” di Serra de Conti ha offerto un rinfresco a base di prodotti locali, quali lonzino di fico, salse a base di cipolla di Suasa, carciofo di Jesi e ceci di Serra de Conti con agresto, biscotti e pane di mais 12 file. La riapertura è stata possibile grazie a un finanziamento richiesto dalla ex Soprintendenza Archeologia e gli interventi di manutenzione sono stati eseguiti dalla ditta Gaia Garden di Senigallia. L'area archeologica è aperta tutto l'anno a ingresso libero. Fonte Soprintendenza Archeologia delle Marche
N° 1070 - giuseppe ha scritto::
Ago-’16
21

Il Palù restituisce reperti del Neolitico. Caneva, campagna di scavi chiusa con eccellenti risultati Prossimo obiettivo degli archeologi localizzare la necropoli di Sigfrido Cescut. CANEVA. Una pintadera, ovvero un disco in ceramica, con un disegno geometrico a spirale, usata probabilmente per decorare tessuti di lino, assieme al contrappeso da telaio, sono stati i due oggetti particolari risalenti al Neolitico recente, 3.800-3.700 a.C., rinvenuti in questi giorni, assieme a tanti altri reperti, a conclusione della campagna di scavi sul sito palafitticolo di Palù del Livenza. A distanza di tre anni, con la direzione di Roberto Micheli, della Soprintendenza regionale, è stato aperto in luglio il cantiere gestito dalla società Cora ricerche di Trento con gli archeologi Nicola De Gasperi, Monica Dal Molin, Martina De March e Giacomo Vinci. Sin dall’inizio, gli studiosi hanno individuato una rilevante area di scavo, già sondata nel 2013, e ora analizzata sino al suo ottavo strato di torba, su un terreno adiacente al rio che passa vicino all’Infopoint del Palù. Si sono impegnati anche gli appassionati polcenighesi di archeologia del Grapo, sodalizio presieduto da Martina Janes. Patrimonio dell’Unesco dal 2011, il Palù ospitava il più antico insediamento palafitticolo dell’Italia settentrionale. E sempre nel Palù sono stati rinvenuti strumenti litici, per lo più selci, nonché reperti di varia natura: dai resti delle palafitte a quelli di armi primitive, di strumenti domestici, assieme a ossa animali di vario genere. Gli ultimi scavi hanno entusiasmato gli archeologi. Sono emersi pali e basamenti della palafitte. Assieme alla pintadera e al contrappeso da telaio sono state recuperate notevoli quantità di punte di frecce, lance in selce, ossa di animali domestici e selvatici, tanti semi, vari resti di doli e otri in ceramica che li custodivano. A facilitare il lavoro, un sistema di drenaggio e un’idrovora che scarica l’acqua nel vicino rigagnolo. «Sono state riscontrate – ha riferito Roberto Micheli domenica di fronte a un numeroso pubblico – particolari condizioni favorevoli per la conservazione di reperti e materiali del Neolitico grazie al terreno umido e torboso. Gli oggetti recuperati, in ottime condizioni, finiranno all’archeomuseo di Torre e in tanti altri istituti archeologici per essere analizzati dagli esperti, che otterranno informazioni molto più complete di quanto avvenga nei siti archeologici all’asciutto». Si spera che la Soprintendenza friulana possa al più presto finanziare nuove campagne di scavi al Palù, magari portando alla scoperta della necropoli. Fonte MESSAGGEROVENETO.GELOCAL.IT
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