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 Escursione alla Grotta del Diavolo o Grotta di Mezzogiorno del 13 marzo 2011 ::
 
  Sabato, 02 Aprile 2011 - 17:32 :: 97077 Letture

Il resoconto della escursione compiuta il 13 marzo u.s.  (continua)

E’ una nuvolosa giornata invernale, la pioggia incombe, cerchiamo di contattare uno del gruppo; manca, lo ritroveremo più avanti*. La collina è sempre verdeggiante, come le montagne circostanti e degrada verso una ampia pianura ricca di corsi d’acqua. Siamo in appennino centro meridionale, in lontananza si  scorgono delle chiazze bianche, stavolta di neve, non è strano. Gli inverni sono da noi piuttosto rigidi e non è difficile trovare sulla parte alta dei rilievi chiazze di neve sino a tarda primavera.

E’ il 13 marzo 2011 ed iniziamo a ripercorrere a ritroso nel tempo la nostra storia. Novelli Benjamin Button, ci inerpichiamo per la moderna S.P.331 in direzione Castello del Matese, attraversando in un colpo solo duemilacinquecento anni di storia. La moderna cittadina di Piedimonte Matese è sotto di noi, sulla parte alta il borgo medioevale. Sul Cila i poligonali dei Pentri rievocano il ricordo della Allifae sannitica. Attraversiamo l’abitato di Castello del Matese ed anche qui ai piedi della torre risalta la stratificazione sannitica (del basamento), medievale (della parte superiore e delle torri), indi gli abitati della nostra contemporaneità (articolo intero)

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Commenti
N° 4148 - giuseppe ha scritto::
Feb-’23
06

FEBBRAIO 1857 (4) E SCOPERTA DELL'UOMO DI NEANDERTHAL L'annuncio della scoperta dell'uomo di Neanderthal avvenne il 4 febbraio 1857, ed entrò nell'immaginario come un bruto cavernicolo. Oggi le scoperte scientifiche ci raccontano che dipingeva, usava sistemi di numerazione e forse non si è davvero estinto. A Bonn in Germania, il 4 febbraio 1857, venne per la prima volta annunciata la scoperta di uno dei più antichi fossili umani mai rinvenuti, si trattava di un ritrovamento storico perché si trattava dei primi resti riconosciuti dell’uomo di Neanderthal, che prendeva il suo nome dalla valle di Neander in Germania, dove furono recuperati in una grotta da Johann Fuhlrott. Le più recenti scoperte e gli studi scientifici più aggiornati gettano nuova luce su questa specie: così emergono elementi che evidenziano un pensiero complesso in grado di padroneggiare sistemi di numerazione, il pensiero simbolico che li portò a dipingere le caverne ben prima che lo facessero i Sapiens e molti altri elementi che riscrivono l’immagine di bruto delle caverne con clava al seguito. IL RITROVAMENTO e la scoperta dell'uomo di neanderthal. Durante l’agosto del 1856, alcuni operai impegnati a lavorare in una cava di calcare si imbatterono in un grosso cranio e alcune lunghe ossa, un frammento di bacino e uno di scapola che vennero scambiati in un primo momento come ossa appartenenti a un orso delle caverne. Il sito era quello della Kleine Feldhofer Grotte, una grotta che si trova nei pressi di Feldhof nella valle di Neander, presso Düsseldorf, e i reperti furono portati all’attenzione di un insegnante di scienze, Johann Fuhlrott che ne riconobbe subito la stranezza della forma attribuendoli a un uomo che definì “nuovo”. Della scoperta fu dato annuncio solo il 4 febbraio 1857, da parte del professor Herman Schaaffhausen, amico e mentore di Fuhlrott, nonché celebre studioso di anatomia e paleontologia umana dell’Università di Bonn. Ma il mondo scientifico non mostrò il suo interesse nei confronti di questi reperti se non qualche anno più tardi, in particolare in seguito alla pubblicazione de L’origine della specie di Charles Darwin, che comportava una diversa interpretazione anche sull’origine dell’uomo e con la rivalutazione del volume del geologo Jaques Boucher De Perthes che già nel 1847 aveva ipotizzato l’esistenza di un uomo antidiluviano nel suo Antiques celtiques et antediluviennes; ipotesi sostenuta dal ritrovamento da antiche asce in selce. Scienziati di fama internazionale come Mayer e Virchof rifiutarono l’idea di un’origine arcaica dell’uomo attribuendo i reperti ossei anomali a deformazioni come rachitismo, traumi, artrite e malattie di altra natura. Solamente nel 1864, il geologo irlandese William King respinse le correnti antievoluzionistiche e attribuì i reperti della valle di Neander a una specie arcaica di Uomo: l’Homo Neanderthalensis. Nel corso del tempo furono numerosi i nuovi ritrovamenti soprattutto in Jugoslavia, Francia, Croazia, Moravia che sciolsero ogni dubbio circa l’attribuzione a una diversa specie di uomo; invece gli scheletri quasi integri ritrovati nei siti di La Chapelle-aux-Saint, Le Moustier e La Ferrassie consentirono i primi studi approfonditi. Inoltre, sin dai primi ritrovamenti fu forte l’esigenza di restituire un volto a questi antichissimi antenati e a pochi anni dalla scoperta nella valle di Neander, il professor Herman Schaaffhausen eseguì una prima ricostruzione del volto di questi uomini. Lo studioso, sicuro che l’evoluzione nell’uomo non potesse essere altro se non una progressiva transizione dallo stato selvaggio a quello della civiltà, concluse che l’uomo di Neanderthal non potesse essere altro che un bruto cavernicolo. Il pregiudizio si consolidò a tal punto che alla fine dell’Ottocento, il naturalista Ernst Haeckel propone persino la definizione di Homo stupidus. CHI ERA l’uomo di Neanderthal secondo i più recenti studi. Per molto tempo, dunque, la fisionomia di questi uomini con arcate sopraccigliari prominenti, nasi importanti e mascelle pronunciate è entrata a far parte dell’immaginario collettivo, così come la convinzione che si trattasse di un cugino stupido e un po’ impacciato della nostra più elevata specie. Ma gli studi che ormai si protraggono da più di un secolo ci raccontano una storia effettiva differente e le più recenti teorie mettono persino in dubbio che si sia estinto. Per lungo tempo la convinzione fu quella che l’Homo Sapiens, giunto dall’Africa circa 40.000 anni fa, avesse contribuito all’estinzione dell’uomo di Neanderthal, perché cacciatore migliore in grado di sopraffarlo e subentrare nell’areale del secondo. Tuttavia, negli ultimi anni, le ricerche hanno del tutto confutato le teorie che volevano che i neanderthaliani fossero meno abili dei Sapiens. In primo luogo, non c’erano delle grandi differenze nella costruzione degli utensili in pietra e anche i Neanderthal erano in grado di cacciare sia piccoli animali sia grandi mammiferi; inoltre, erano in grado anche di sfruttare e conservare le risorse del mare, come dimostrato da un articolo recentemente uscito sulla rivista Science; e un gruppo di ricerca olandese nel 2019, ha dimostrato che fossero in grado di utilizzare il catrame di betulla per confezionare sofisticati arnesi. Dall’Università di Southampton giunge invece la conferma che i Neanderthalensis erano capaci anche di pensiero simbolico, infatti, lo studio dell’arte rupestre in tre grotte spagnole, ha dimostrato che furono in grado di raffigurare il mondo che li circondava già 65.000 anni fa, quindi almeno 20.000 anni prima che fosse l’uomo sapiens a dipingere le caverne d’Europa. Dalla Grotta di Fumane, in provincia di Verona, sito occupato con continuità dai Neanderthal e dai Sapiens, Marco Peresani, professore dell’Università di Ferrara, ha spiegato, già una decina di anni orsono, che i primi utilizzavano penne di uccelli come ornamento. Sul fronte dei riti funebri, le ipotesi avanzate più di recente, su cui la comunità scientifica mantiene ancora il proprio riservo, sostengono che celebrassero questi momenti con l’uso dei fiori, secondo quanto si pensa sia stato scoperto nel sito del Kurdistan iracheno della grotta di Shanidar. Scientific Report, invece, ha pubblicato il report di un gruppo internazionale che ha descritto la scoperta effettuata nel sito francese di Abri du Maras, dove è stato individuato un frammento di corda intrecciata legato a uno strumento in pietra; realizzato con fili combinati in coppie e intrecciato seguendo schemi precisi, elemento che ha fatto convergere sull’ipotesi che gli uomini di Neanderthal utilizzassero un sistema di numerazione. Infine, uno studio pubblicato sul Journal of Human Evolution ha gettato nuove luci sui tratti che accomunano i Neanderthal con i Sapiens: sembra infatti che le due specie abbiano convissuto per almeno 5.000 anni e che le relazioni fossero molto più fitte di come si riteneva fino a qualche decennio fa. I risultati delle analisi hanno evidenziato commistioni genetiche che allontano sempre più l’ipotesi dell’estinzione alla luce della sempre maggiore frequenza di episodi di ibridazione tra le due specie. Fonte Meteoweb Facebook
N° 4164 - giuseppe ha scritto::
Feb-’23
24

SCOPERTO NUOVO PIANETA IMPOSSIBILE Il telescopio Tess, della Nasa, ha sco- perto un nuovo pianeta gassoso troppo grande per la sua stella: impossibile, almeno fino a oggi. La nana rossa TOI-5205 è riuscita a formare il pianeta TOI-5205B, grande quanto Giove, pur essendo solo 4 volte più grande. "Davvero sorprendente", ha detto il leader dello studio Kanodia. Per formare un pianeta gassoso serve, all'inizio, molto più materiale roc- cioso per fare sviluppare il gas . "Se ci basiamo sulle conoscenze attuali, questo pianeta non dovrebbe esistere", aggiunge Kanodia. Fonte RAI
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