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 Annibale conquistò TELESIA ::
 
  Lunedì, 20 Giugno 2011 - 21:50 :: 24074 Letture

Partecipare ad una escursione a TELESIA....può scatenare voglia di scrivere e di indagare.....

Pubblico il dotto lavoro di Pannone, eccovi un passo:
"Non solo le popolazioni del basso Volturno erano per natura ostili. Le ferite delle guerre sannitiche non erano assolutamente sanate. E Roma lo sapeva al punto che la diffidenza era il comportamento usuale rivolto a tutti i popoli che circondavano la piana alifana e che raggiungevano tra colline e brevi pianure le attuali circoscrizioni che collegano Formicola a Santa Maria Capua Vetere. Capua risulterà la città determinante in quanto antagonista di Roma e almeno ricca quanto Roma" (Clicca)

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Commenti
N° 952 - giuseppe ha scritto::
Apr-’16
09

Carnia: case e fortezze romane riemerge l’antica Zuglio. Tagliano il bosco ed emergono nuovi reperti dell’antica Iulium carnicum, la città romana più settentrionale, che porta verso il Noricum, fondata fra il 58 e il 49 a,C. come vicus dai Romani. Il fatto che molti reperti dell’antica città romana carnica siano ancora sepolti sotto terra era una notizia oramai nota, come pure si conosceva che il colle oggi dedicato a San Pietro fosse stato per secoli un luogo di riparo, di rifugio da eventuali scorrerie e che fosse utilizzato da popolazioni locali, dai Celti Carni, prima del dominio romano sulla zona. In questi giorni nuove scoperte sono venute alla luce quando un privato ha deciso di aderire all’invito del Comune di abbattere gli alberi prospicienti alla strada che porta alla chiesa di San Pietro e alla frazione di Fielis. Anzi, è andato oltre questo proposito e ha deciso di disboscare una zona più ampia, che comprende tutta la sua proprietà alla base del celebre colle e ripristinare il prato per adibirlo successivamente a coltura di viti. Mentre si estirpavano i ceppi degli alberi, però, sono emersi reperti archeologici che segnalano come l’abitato dell’antica città romana si estendesse non solo sul pianoro sottostante, ma anche sulle prime roccaforti del colle. Il sindaco Battista Molinari, venuto a conoscenza della scoperta, ha immediatamente interessato la Soprintendenza regionale per i beni archeologici che ha già effettuato una prima ricognizione sul posto bloccando i lavori. Le scoperte sono state coperte da teli di nylon in attesa di un’ulteriore ispezione sul posto. La zona in loco è conosciuta con il nome di “Ruvigne” che deriverebbe da “rovina, ruderi”. «Per questo, quando in Comune è arrivata – racconta il sindaco – la richiesta di disotterrare i ceppi, ho avvisato il proprietario di eseguire i lavori con attenzione e di avvisare immediatamente qualora qualcosa di interessante potesse emergere». Cosa che è stata fatta. «Sono emerse – racconta Molinari – le fondamenta di alcune abitazioni e, su un colle che domina la pianura sottostante, dove si trova l’antico foro romano, si nota il basamento di una costruzione che verosimilmente potrebbe essere un punto di avvistamento militare». Trovati infine pure dei resti di ceramica attribuibile al periodo di dominazione romana. Mancano i fondi per consegnare questi reperti alla collettività, ma il sindaco non demorde. «Abbiamo avviato una trattativa con il proprietario del sito, per permutare i mille metri quadrati di sua proprietà con un altro terreno di proprietà comunale». Uno scambio che non scontenterebbe l’attuale proprietario del sito, visto che alcuni anni or sono aveva già permutato un suo terreno, posizionato accanto al cimitero, per permettere al Comune di eseguire l’ampliamento dello stesso. In questi giorni la Soprintendenza ha ispezionato nuovamente il sito archeologico. «Mancano – prosegue il sindaco – però i soldi per poter rendere agibili e visibili questi resti. Tornerò a chiedere una partnership con l’Università di Scienze dell’antichità, archeologia storia e letteratura di Udine in modo di riportare alla luce anche questi ultimi ritrovamenti». Fonte MiBAC newsletter
N° 1115 - giuseppe ha scritto::
Set-’16
22

Il teatro di Pompeo. Primo teatro in Roma, di cui oggi non rimangono tracce, il teatro di Pompeo fu edificato interamente in muratura. Geograficamente collocato nella zona del Campo Marzio, i pochi resti ancora visibili all’interno di qualche edificio sono inglobati oggi nel rione di Parione. Il teatro fu eretto per volere di Pompeo Magno approssimativamente tra il 61 a.C., anno del suo terzo trionfo e il 55 a.C. anno del suo secondo consolato. Fu per la città una svolta davvero innovativa, in quanto la costruzione dei teatri avveniva per legge, solo con strutture di legno e in prossimità di luoghi sacri, questo per non sfatare quel carattere religioso che le rappresentazioni teatrali possedevano, attingendo dalla tradizione greca. Come ci riferiscono anche le fonti degli storici Livio e Tacito, la costruzione di teatri stabili a Roma era vietata: nel 154 a.C. il Senato aveva fatto abbattere un teatro in muratura “in quanto inutile e dannoso per i costumi della città”. Per lungo tempo gli spettacoli si svolgevano su palcoscenici di legno, smontati subito dopo le rappresentazioni. Erano proibiti anche i sedili e gli spettatori seguivano gli spettacoli in piedi.Aggirando queste restrizioni Pompeo realizzò il suo progetto costruendo su di un podio rialzato un tempio dedicato a Venere vincitrice la cui gradinata di accesso costituiva l’intera cavea teatrale. L’imponente costruzione aveva un diametro esterno di ben 150 metri, e poteva contenere al suo interno fino a 17.000 posti a sedere, nei quali gli spettatori si distribuivano entrando dalle numerose arcate. La scena era decorata da tre ordini sovrapposti di colonne e il tutto era sormontato da una lunga tettoia sporgente per dirigere e amplificare verso il pubblico i suoni e le voci degli attori. Il monumento era inoltre arricchito da un maestoso quadriportico con colonne di granito che si stendeva fino all’area sacra di largo Argentina. Qui vi sorgeva la grande aula detta Curia Pompeii, dove si tenevano riunioni del Senato e dove Cesare fu pugnalato, ai piedi della statua monumentale del suo avversario. La statua, poi recuperata nel XVI secolo, è oggi visibile a Roma a Palazzo Spada. Memore dell’atroce delitto Augusto fece murare la Curia Pompeii proclamandola “locus sceleratus”, addirittura lo storico Tertulliano definì l’edificio “reggia di tutti gli scandali”. Tuttavia il teatro rimase in uso e venne restaurato da vari imperatori fino al V secolo d.C., in particolare notevoli rifacimenti vennero attuati durante il principato di Domiziano e nel 291 d.C., a seguito di un violento incendio, quando a reggere l’Impero era Carino. A testimonianza di ciò, al tempo del re goto Teodorico, un cancelliere di corte ricordava con parole piene di ammirazione il Teatro di Pompeo, “ricco di marmi, sculture ed affreschi, con caverne coperte a volta con pietre pendenti collegate in forme bellissime”. In epoca medievale, come la stragrande maggioranza dei monumenti antichi, il teatro di Pompeo venne utilizzato come cava di marmo per ottenere nuovi materiali edilizi, e come fondamenta per costruirvi sopra altre strutture. Per esempio sulle rovine della cavea vennero edificate le dimore degli Orsini e la Chiesa di Santa Barbara dei Librai. Il profilo della cavea è ancora riconoscibile nelle vie di Grottapinta, per la parte interna, e nel percorso tra via del Biscione e via dei Giubbonari per la parte esterna. Resti delle murature e delle arcate del portico, oltre che inclusi nelle cantine degli edifici di epoca successiva, sono visibili nei locali sotterranei dei palazzi nobiliari della zona. Fonte ROMAEREDIDIUNIMPERO.ALTERVISTA.ORG
N° 1116 - giuseppe ha scritto::
Set-’16
23

«Come l'Appia». Una via romana nel cuore di Lecce. «Come Roma con la via Appia, anche Lecce avrà, fatte le debite proporzioni, il suo tratto di antica strada romana percorribile che l’anno prossimo sarà aperta al pubblico». L’archeologo Paul Arthur, che cura la direzione scientifica e archeologica del progetto di recupero delle Mura Urbiche, non nasconde il suo entusiasmo per una scoperta che definisce “spettacolare”. Si tratta dell’unica strada romana a Lecce sulla quale sarà possibile passeggiare. Un altro tesoro, l’ennesimo, che spunta fuori da quel forziere che è il sottosuolo di Lecce. Dal cantiere che occupa lo spazio dell’ex Carlo Pranzo, sta emergendo, appunto, una strada extra moenia di epoca romana - forse del periodo repubblicano - che dal bastione nei pressi del Circolo Tennis segue la direzione del bar Commercio, cominciando a girare, quindi seguendo verosimilmente, secondo lo studioso che dirige la Scuola di specializzazione in Archeologia dell’Università del Salento, la vecchia via per Brindisi. La differenza fra questa strada e le altre venute alla luce all’interno delle mura, nel centro storico, per esempio vicino al Comune, in via Rubichi, in piazzetta Castromediano o, ancora, in piazzetta Santa Chiara, è presto detta. «Quei rinvenimenti – spiega Arthur – sono chiusi, non sono visibili né visitabili. Questa strada, invece, sarà lasciata a vista per i residenti e i turisti e sarà integrata all’interno del Parco delle Mura urbiche, che è in fase di realizzazione e che, quindi, sarà un grande parco pubblico anche di interesse archeologico. Le varianti del progetto, infatti, hanno incluso già da tempo i ritrovamenti archeologici. Questa strada, quindi, diventerà un’ulteriore attrazione turistica, che darà un plusvalore culturale a Lecce». Fin qui, la rilevanza sociale della scoperta, ma a questa si affianca, poi, quella scientifica. «Questa strada ci serve a capire – continua l’archeologo – la viabilità antica e medievale della città perché è vero che fu costruita in periodo romano repubblicano ma è stata usata anche durante il Medioevo. Fu abbandonata solo con la costruzione delle nuove mura voluta dall’imperatore Carlo V, nel Cinquecento». La strada romana presenta un muretto di delimitazione, la crepidine (una sorta di gradino) con due filari paralleli di blocchi squadrati, la sede stradale, che non era lastricata ma sostanzialmente fatta di ghiaia o ciottoli (con più fasi di riparazione), e poi, infine, un altro muretto di delimitazione. «Con i miei cinque allievi abbiamo iniziato due anni fa lo scavo archeologico, che ormai è quasi completato. Ora non ci resta che sistemare tutto per i restauri e i consolidamenti, a cui seguirà la valorizzazione che vuol dire l’accessibilità, la fanalistica, l’eventuale musealizzazione e così via». Uno scavo fruttuoso anche per altri rinvenimenti. «Abbiamo ottenuto – conclude Arthur – una serie di risultati, ma la scoperta più interessante, oltre a questa strada romana, è stato il tratto di un fossato probabilmente di età federiciana». È stata una felice intuizione quella di chi, all’apertura del cantiere, ha voluto fare un’indagine archeologica preventiva dando il via agli scavi e riportando alla luce un’altra testimonianza importante dell’antica Lupiae. Se sommiamo questo ulteriore prezioso tassello al mosaico che comprende, oltre ai monumenti già esistenti, anche il recupero in corso dell’intero anfiteatro della vicina Rudiae, comincia a comporsi in maniera evidente il quadro di una Lecce archeologica tutta da scoprire. Fonte QUOTIDIANODIPUGLIA.IT
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