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 Annibale conquistò TELESIA ::
 
  Lunedì, 20 Giugno 2011 - 21:50 :: 23862 Letture

Partecipare ad una escursione a TELESIA....può scatenare voglia di scrivere e di indagare.....

Pubblico il dotto lavoro di Pannone, eccovi un passo:
"Non solo le popolazioni del basso Volturno erano per natura ostili. Le ferite delle guerre sannitiche non erano assolutamente sanate. E Roma lo sapeva al punto che la diffidenza era il comportamento usuale rivolto a tutti i popoli che circondavano la piana alifana e che raggiungevano tra colline e brevi pianure le attuali circoscrizioni che collegano Formicola a Santa Maria Capua Vetere. Capua risulterà la città determinante in quanto antagonista di Roma e almeno ricca quanto Roma" (Clicca)

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Commenti
N° 1127 - giuseppe ha scritto::
Set-’16
29

GIAPPONE, TROVATE MONETE ROMANE IV SEC. Eccezionale ritrovamento in Giappone: nel castello di Katsuren, nell'isola di Okinawa, sono state trovate 4 monete romane risalenti al III-IV secolo. Le monete appartengono al regno dell'impe- ratore Costantino (306-337). Da un lato c'è l'effigie dell'imperatore,sul retro l'immagine di un soldato con una lan- cia. Un tempo Okinawa era il centro del Re- gno delle isole Ryukyu, uno stato auto- nomo che,posto tra Giappone e Cina,com- merciava con entrambi.Questo ruolo com- merciale rende plausibile che le monete siano passate di mano lungo la Via del- la Seta per arrivare fino ai proprieta- ri del castello. Fonte RAI
N° 1133 - giuseppe ha scritto::
Set-’16
30

L’impronta del legionario romano. Trovate, nel nord di Israele, orme lasciate duemila anni fa dai calzari dei soldati romani. Accade di rado che gli archeologi possano letteralmente camminare sulle orme degli antichi popoli che studiano. In Israele è successo: recenti scavi condotti da un team dell’Università di Haifa nelle rovine di una città ellenistica sulle alture del Golan hanno portato alla luce delle impronte di calzari dei soldati romani risalenti a duemila anni fa. Le impronte di suole chiodate vennero impresse nella malta ancora umida delle fortificazioni erette a Hippos, che sorge a est del Mare di Galilea (Lago di Tiberiade), come riferisce un articolo pubblicato all’inizio di questo mese su Popular Archaeology dal professor Michael Eisenberg. Hippos era una delle dieci città ellenistiche sparse fra quelli che sono oggi Israele, Siria e Giordania, conosciute nell’antichità come la Decapoli. Gli archeologi dell’Università di Haifa vi hanno condotto campagne di scavi ogni anno a partire dal 2000. Le rovine sono particolarmente notevoli per lo stato si conservazione della basilica, del foro e del teatro, il tutto ricavato dal basalto nero delle alture del Golan e arroccato sulle rocce che sovrastano il Mare di Galilea. E’ qui che la squadra di ricercatori ha trovato una singola impronta completa di una caliga romana, insieme a diverse impronte incomplete, facilmente identificabili per i segni lasciati dai chiodi di ferro delle suole.“L’orma completa – spiega Eisenberg nell’articolo – è lunga 24,50 centimetri e ha lasciato 29 piccole impronte circolari. Si trattava di una caliga del piede sinistro, equivalente approssimativamente a una scarpa numero 40″. Tali calzature erano la dotazione standard dei soldati di truppa romani. “Il bastione e le impronte sollevano la possibilità che coorti romane o ausiliarie di stanza in Siria avessero anche il compito di costruire la fortificazione – scrive Eisenberg – Si tratta di un caso piuttosto eccezionale e probabilmente si è verificato in un momento di emergenza: un’emergenza che potrebbe essere collegata alla Grande Rivolta in Galilea degli anni 66-67 e.v., pochi anni prima che i romani marciassero su Gerusalemme e bruciassero il Secondo Tempio”. Fonte (Da: Times of Israel, 1.7.15)
N° 1141 - giuseppe ha scritto::
Ott-’16
07

Altri pregiati vasi greci dipinti riemergono dal sottosuolo di Montesarchio. Sarà che le civiltà antiche che hanno popolato l’Italia sono una indissolubile componente del nostro Dna, un elemento che anche il più sfrenato modernismo tecnologico non riesce a sradicare completamente, certo è che ogni qual volta una loro traccia, anche frammentaria, riemerge dalle viscere della terra, riesce a toccare le corde delle nostre emozioni. E’ quell’impronta di bellezza – a volte presente anche negli oggetti più umili, – e ancor più di vita, cristallizzata in forme, colori, funzioni, capace di evocare un mondo plurimillenario di cui subiamo il fascino e di risplendere come l’oro o il diamante anche in mezzo al fango limaccioso di uno scavo fatto sotto la pioggia, fra le pareti spoglie di una tomba; una suggestione data dal tempo passato su oggetti giunti fino a noi a rappresentare gli archetipi dell’antichità.“E’ – come disse il grande scultore polacco Igor Mitoraj – il mistero dell’antico che si manifesta a noi per frammenti, per allusioni, per evocazioni come i riflessi di un’Atlantide scomparsa”. A ricordarcelo è il nuovo ritrovamento archeologico compiuto pochi giorni fa nel Sannio Caudino, a Montesarchio (Benevento), appena una decina di giorni dopo il rinvenimento di un monumentale cratere a figure nere del VI sec. a.C. Stavolta a spuntar fuori, dallo stesso scavo disposto dal Comune in via Napoli per lavori di ampliamento della rete fognaria e curato dall’archeologa Luigina Tomay, sono alcuni vasi attici, testimonianza di consolidati contatti dell’aristocrazia sannita con il mondo greco: si tratta di un lekythos a figure nere con scene di simposio (probabilmente del VI-V sec. a.C.) e di un cratere a campana a figure rosse con immagini di divinità, di epoca un po’ più recente. Il lekythos è un tipo di vaso dal corpo allungato, collo stretto con un’unica ansa e ampio orlo svasato, utilizzato nell’antica Grecia così come nelle colonie magno-greche per conservare e versare olio profumato e unguenti, mentre il cratere era un vaso abbastanza grande, impiegato per mescolare vino e acqua nel simposio greco, e poteva avere varie forme fra cui quella a campana, foggiata appunto a mo’ di campana rovesciata e con orlo svasato, rialzato su un piede con corto stelo e dotato di due piccole anse nella parte superiore del corpo.Sono questi gli elementi ricavabili dalle foto che, molto parsimoniosamente, la Soprintendenza ai Beni Archeologici ha permesso di scattare senza peraltro rilasciare, al momento, dichiarazioni ufficiali in merito alla nuova scoperta che, lo ricordiamo, è avvenuta in un’area quotidianamente colpita dal deprecabile fenomeno degli scavi clandestini ad opera di tombaroli, la cui azione, oltre a depredare il patrimonio culturale, ne altera i contesti impedendone la corretta lettura. Anche gli ultimi oggetti ritrovati andranno, dopo un attento restauro, ad aggiungersi alle collezioni del già ricco Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino che ha sede nel Castello di Montesarchio. Fonte FAMEDISUD.IT
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