CIBI DALL'ANTICHITA': LA PASTIERA
Nella preparazione e nella storia di
questo dolce tradizionale, a sua volta
derivato da dolci antichissimi, si in-
crociano abilità dolciaria, religiosi-
tà, storia, mitologia, a cominciare
proprio dai suoi ingredienti principa-
li: grano e ricotta.
E' piuttosto nota la simbologia della
spiga di grano come principio di vita:
il chicco di grano che viene sepolto
nella terra e germoglia passa come sim-
bolo di rinascita sia nelle religioni
pagane che in quella cristiana. La
corrispondenza temporale della festività
cristiana della resurrezione di
Cristo con le festività pagane legate
al culto della Madre Terra, alla rina-
scita della natura in primavera, è ben
simboleggiata dal chicco di grano.
Quanto alla ricotta, è un prodotto del-
l'arte casearia dei pastori, arte fra
le più antiche, che precede l'agricol-
tura e che, secondo il mito, viene in-
segnata all'uomo dagli dei.
Per trovare l'antenata della pastiera
possiamo andare nell'antica Roma e lì
troviamo una ricetta riportata da Api-
cio, grande gastronomo dell'antichità,
di un dolce a base di grano, formaggio
fresco, miele e uova.
Ma sarà soltanto molti secoli dopo che
si profilerà quella che ancora si tra-
manda come ricetta della tradizionale
pastiera, ad opera delle suore del con-
vento di San Gregorio Armeno.
Fonte RAI
CIBI DALL'ANTICHITA'
Maiale nero casertano
Della razza cui appartiene il maiale
nero casertano si ha già una descrizio
ne del latino Columella. Deriverebbe
direttamente da un antenato identifica
to nel suino di ceppo romanico presente
dalla Spagna alla Grecia, passando per
il Nordafrica, in tutto il bacino medi-
terraneo.
Da esso si sarebbero differenziate va
rie razze attuali come, appunto, il ca
sertano, il suino iberico ecc.
Il maiale nero casertano è presente da
tempo immemorabile in un territorio ben
definito del Garigliano e Volturno, dal
litorale tirrenico dell'area di Gaeta,
all'area di Piedimonte Matese, a Pie
tramelara, a Caserta, a Sora, al confi
ne laziale ed a Cervaro sul confine mo
lisano.
L'area è la stessa che vede a tuttoggi
la presenza di allevamenti di questa
razza.
All'inizio del 1900 l'allevamento del
maiale nero casertano era uno dei più
importanti in Italia, contando centi
naia di migliaia di esemplari. Il lavo
ro di catalogazione della razza venne
interrotto dalla guerra e molto bestia
me fu razziato.
Parte si salvò perchè gli allevatori lo
nascosero in montagna nei boschi e nel
le grotte ed è grazie ai soggetti sal
vati se oggi la produzione è ancora
presente.
Fonte RAI
CIBI DALL'ANTICHITA'
Olio Colline Salernitane
In un habitat ideale per l'ulivicoltura
che qui ha una tradizione antichissima,
si produce un olio che si è guadagnato
la Dop Olio extravergine di oliva Col-
line Salernitane.
Nella zona ci sono località come Oli-
vella, Ogliara, ed altre con toponimi
di derivazione olivicola, che fanno ca-
pire quanto antica sia la coltura dell'
ulivo nel fertile territorio salernita-
no. Nel territorio salernitano l'ulivo ven-
ne introdotto dai coloni giunti dalla
Grecia ed i Romani poi ne incrementaro-
no la coltura e la migliorarono.
Testimonianza del radicamento dell'uli-
vo nel territorio è la grande varietà
di cultivar autoctone: la Rotondella,
la Carpellese o Nostrale che insieme
alla varietà Frantoio è la base dell'o-
lio Colline Salernitane DOP. Presenti
anche l'Ogliarola e il Leccino. Il territorio di questa DOP è quello
degli Alburni e della Valle del Calore,
dell'Alto e Medio Sele, dei Monti Pia-
centini e della costiera Amalfitana,
della Valle del Diavolo e delle colline
del Tanagro.
L'olio che si produce in questa area
dalle varietà autoctone dà un olio dai
riflessi giallo-verdi, dal profumo in-
tenso e fruttato, dall'aroma fruttato,
dal retrogusto amarognolo, piccante,
con note erbacee.
Fonte RAI
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CIBI DALL'ANTICHITA': LA PASTIERA Nella preparazione e nella storia di questo dolce tradizionale, a sua volta derivato da dolci antichissimi, si in- crociano abilità dolciaria, religiosi- tà, storia, mitologia, a cominciare proprio dai suoi ingredienti principa- li: grano e ricotta. E' piuttosto nota la simbologia della spiga di grano come principio di vita: il chicco di grano che viene sepolto nella terra e germoglia passa come sim- bolo di rinascita sia nelle religioni pagane che in quella cristiana. La corrispondenza temporale della festività cristiana della resurrezione di Cristo con le festività pagane legate al culto della Madre Terra, alla rina- scita della natura in primavera, è ben simboleggiata dal chicco di grano. Quanto alla ricotta, è un prodotto del- l'arte casearia dei pastori, arte fra le più antiche, che precede l'agricol- tura e che, secondo il mito, viene in- segnata all'uomo dagli dei. Per trovare l'antenata della pastiera possiamo andare nell'antica Roma e lì troviamo una ricetta riportata da Api- cio, grande gastronomo dell'antichità, di un dolce a base di grano, formaggio fresco, miele e uova. Ma sarà soltanto molti secoli dopo che si profilerà quella che ancora si tra- manda come ricetta della tradizionale pastiera, ad opera delle suore del con- vento di San Gregorio Armeno. Fonte RAI
CIBI DALL'ANTICHITA' Maiale nero casertano Della razza cui appartiene il maiale nero casertano si ha già una descrizio ne del latino Columella. Deriverebbe direttamente da un antenato identifica to nel suino di ceppo romanico presente dalla Spagna alla Grecia, passando per il Nordafrica, in tutto il bacino medi- terraneo. Da esso si sarebbero differenziate va rie razze attuali come, appunto, il ca sertano, il suino iberico ecc. Il maiale nero casertano è presente da tempo immemorabile in un territorio ben definito del Garigliano e Volturno, dal litorale tirrenico dell'area di Gaeta, all'area di Piedimonte Matese, a Pie tramelara, a Caserta, a Sora, al confi ne laziale ed a Cervaro sul confine mo lisano. L'area è la stessa che vede a tuttoggi la presenza di allevamenti di questa razza. All'inizio del 1900 l'allevamento del maiale nero casertano era uno dei più importanti in Italia, contando centi naia di migliaia di esemplari. Il lavo ro di catalogazione della razza venne interrotto dalla guerra e molto bestia me fu razziato. Parte si salvò perchè gli allevatori lo nascosero in montagna nei boschi e nel le grotte ed è grazie ai soggetti sal vati se oggi la produzione è ancora presente. Fonte RAI
CIBI DALL'ANTICHITA' Olio Colline Salernitane In un habitat ideale per l'ulivicoltura che qui ha una tradizione antichissima, si produce un olio che si è guadagnato la Dop Olio extravergine di oliva Col- line Salernitane. Nella zona ci sono località come Oli- vella, Ogliara, ed altre con toponimi di derivazione olivicola, che fanno ca- pire quanto antica sia la coltura dell' ulivo nel fertile territorio salernita- no. Nel territorio salernitano l'ulivo ven- ne introdotto dai coloni giunti dalla Grecia ed i Romani poi ne incrementaro- no la coltura e la migliorarono. Testimonianza del radicamento dell'uli- vo nel territorio è la grande varietà di cultivar autoctone: la Rotondella, la Carpellese o Nostrale che insieme alla varietà Frantoio è la base dell'o- lio Colline Salernitane DOP. Presenti anche l'Ogliarola e il Leccino. Il territorio di questa DOP è quello degli Alburni e della Valle del Calore, dell'Alto e Medio Sele, dei Monti Pia- centini e della costiera Amalfitana, della Valle del Diavolo e delle colline del Tanagro. L'olio che si produce in questa area dalle varietà autoctone dà un olio dai riflessi giallo-verdi, dal profumo in- tenso e fruttato, dall'aroma fruttato, dal retrogusto amarognolo, piccante, con note erbacee. Fonte RAI
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