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 Miti dei Popoli Italici ... ::
 
  Domenica, 17 Febbraio 2013 - 01:10 :: 155540 Letture

MITI DEI POPOLI ITALICI: VIAGGIO TRA RIETI, CITTADUCALE ED AMITERNUM. I LUOGHI DELLE ORIGINI SABINE E DI SAN VITTORINO.
 
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Commenti
N° 493 - giuseppe ha scritto::
Dic-’14
12

LAMIA Le lamie dell'antichità greca erano figure in parte umane e in parte animalesche, rapitrici di bambini; fantasmi seduttori che adescavano giovani uomini per poi nutrirsi del loro sangue e della loro carne. Venivano spesso chiamate anche empuse, sebbene il mito delle empuse, figlie o serve di Ecate, avesse origini differenti. Secondo il mito originale, Lamia era la bellissima regina della Libia, figlia di Belo: essa ebbe da Zeus il dono di levarsi gli occhi dalle orbite e rimetterli a proprio piacere. Presto Lamia catturò il cuore di Zeus provocando la rabbia di Era, che si vendicò uccidendo i figli che suo marito ebbe da Lamia. L'unica figlia ad essere risparmiata fu Scilla; probabilmente, anche Sibilla si salvò. Lamia, lacerata dal dolore, iniziò a sfogarsi divorando i bambini delle altre madri, dei quali succhiava il sangue. Il suo comportamento innaturale fece in modo che la sua bellezza originaria si corrompesse, trasformandola in un essere di orribile aspetto, capace di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di berne il sangue. Per questo motivo la lamia viene considerata una sorta di vampiro ante litteram. Il poeta Orazio nella sua Arte Poetica descrive le lamie come esseri mostruosi, capaci di ingoiare bambini e di restituirli ancora intatti se si squarcia loro il ventre. Del resto, la letteratura latina abbonda d’esempi di donne "al di fuori degli schemi", dedite alla magia e al vampirismo. Tra l'altro, l'atteggiamento nei confronti di questi fenomeni (e della donna di potere, maga o strega) risulta essere ambivalente, di paura da una parte, di ammirazione dall'altra.
N° 494 - giuseppe ha scritto::
Dic-’14
16

Curiosità dall'antichità! Con il termine lastre Campana ci si riferisce ad una particolare tipologia di terrecotte architettoniche. Le terrecotte architettoniche in epoca antica servivano a rivestire la complessa orditura di legno che sorreggeva i tetti dei templi e avevano lo scopo di proteggere le travature dalle intemperie e, nello stesso tempo, di creare un variegato complesso decorativo. Il disegno ricostruisce l’articolato sistema decorativo di un tempio e mostra un’esemplificazione di come i vari elementi di terracotta venissero posizionati e fissati sull’orditura lignea. Le terrecotte erano normalmente prodotte a stampo per mezzo di matrici; questo procedimento consentiva la tiratura di elementi tutti uguali, nel numero di volta in volta necessario, e la realizzazione, anche a distanza di tempo, di pezzi che, identici ai precedenti, potessero sostituire quelli deteriorati. I singoli elementi di rivestimento erano sempre ravvivati da una accesa policromia e potevano essere decorati con motivi floreali o geometrici ma anche con raffigurazioni di divinità o scene mitologiche a volte connesse al culto pratico nell’edificio. Una particolare produzione di terrecotte viene chiamata “Campana” dal nome del marchese Giovanni Campana, proprietario della più cospicua collezione privata di questo genere di rilievi e autore del relativo catalogo pubblicato nel 1842. Caratteristiche di questa produzione, che fiorisce intorno alla metà del I secolo a.C. e perdura per tutto il I secolo d.C., sono la ricca decorazione figurata e l’impiego di queste lastre non più solo per edifici sacri, ma anche civili, pubblici e privati. Lastre “Campana” si ritrovano spesso nei portici e soprattutto nelle decorazioni degli atrii e dei giardini delle grandi residenze aristocratiche. Una importante collezione di lastre Campana è conservata e fruibile presso l'Antiquarium del Palatino a Roma. Fonte Archeo Mag
N° 495 - giuseppe ha scritto::
Dic-’14
18

La necropoli del Fayyum con un milione (?) di mummie. Un milione di mummie tutte insieme. Questa è la stima di Kerry Muhlestein per la necropoli di Fag el-Gamous, nell’estremità orientale del Fayyum. Gli archeologi della Brigham Young University di Provo, Utah, in circa trent’anni hanno scavato più di 1700 sepolture, ma l’estensione del sito e la densità dei corpi hanno portato al calcolo di quella cifra pazzesca (trovata pubblicitaria?). Lo stesso Mushlestein, direttore dell’attuale missione dell’università statunitense, ha presentato gli ultimi risultati a Toronto, durante la conferenza internazionale della Society for the Study of Egyptian Antiquities, ammettendo che in passato c’è stato scarso interesse alle pubblicazioni. Per il momento, è stato avviato un database con i dati delle mummie ritrovate finora. La necropoli è stata utilizzata dal periodo romano a quello bizantino (I-VII sec. d.C.) da gente comune, quindi i defunti sono sepolti senza bare o particolari corredi. Anche la mummificazione è dovuta solo al clima secco della zona. Ma non sono mancati ritrovamenti interessanti come tessuti perfettamente conservati (sudari funebri e un paio di scarpette colorate da bambino), la mummia di una bambina di 18 mesi con quattro braccialetti e quella di un uomo alto addirittura 2,13 m. Il vero mistero, però, è per quale sito servisse un cimitero così vasto, dato che il vicino villaggio è troppo piccolo e la non lontana città di Filadelfia (da Tolomeo II Filadelfo) ha già le sue aree funerarie. Per maggiori informazioni su Fag el-Gamous, è disponibile un articolo del 2013 pubblicato su “Studia Antigua”. Aggiornamento (clamoroso) delle 15,21: La stima di un milione di mummie per il sito di Fag el-Gamous mi era sembrata subito esagerata e, infatti, è appena stato emesso un comunicato ufficiale del Ministero delle Antichità che annuncia che non verrà rinnovata la concessione di scavo alla missione della Brigham Young University (che durava da 28 anni) a causa delle dichiarazioni mendaci rilasciate al Daily Mail. Fonte DJED MEDU
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