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 Miti dei Popoli Italici ... ::
 
  Domenica, 17 Febbraio 2013 - 01:10 :: 154283 Letture

MITI DEI POPOLI ITALICI: VIAGGIO TRA RIETI, CITTADUCALE ED AMITERNUM. I LUOGHI DELLE ORIGINI SABINE E DI SAN VITTORINO.
 
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N° 896 - giuseppe ha scritto::
Gen-’16
29

A Vulci scoperta tomba dell’ottocento a.C., stava per essere violata. Salvato l'antico corredo appartenente a membri della prima aristocrazia etrusca vulcente MONTALTO DI CASTRO – I tombaroli ci stavano mettendo le mani ma poi è intervenuta la Soprintendenza archeologica del Lazio e il personale del parco di Vulci che hanno evitato l’ennesimo atto sacrilego. Si tratta di una tomba risalente all’ottavo secolo a.C., scoperta nei giorni scorsi nei pressi della biglietteria del parco archeologico. Profonda circa quattro metri, al suo interno probabilmente vennero sepolti membri della prima aristocrazia etrusca vulcente. Questa mattina gli archeologi e il direttore scientifico della Fondazione Vulci Carlo Casi hanno provveduto ad estrarre il materiale: vasi, ceramiche e ornamenti in metallo. Tra questi risalta la presenza di un anello in argento, oggetti di bronzo e ossa che saranno analizzate per stabilire se siano di origine umana o animale. I lavori sono stati seguiti durante le fasi salienti da una troupe del TG2 che ha documentato l’evento. I restauratori della Fondazione Vulci e dell’Accademia delle Belle Arti di Viterbo provvederanno a recuperare il materiale che sarà restaurato presso il laboratorio di Montalto di Castro. Sul luogo sono intervenuti anche il sindaco Sergio Caci e l’assessore Eleonora Sacconi, oltre al presidente della Fondazione Vulci Gianni Moscherini. Fonte Etruria Oggi
N° 899 - giuseppe ha scritto::
Feb-’16
12

Alla scoperta del più grande nuraghe di Sardegna: all’interno, tracce di un panificio di 3500 anni fa L’affascinante aura di un remotissimo passato avvolge, tra lecci e roverelle secolari, il grande mastio svettante con i suoi 15 metri di altezza sull’altopiano del Sarcidano che domina il corso del Flumendosa, secondo fiume di Sardegna. Non è difficile trovarlo: da Orroli (Cagliari) basta procedere verso sud per una decina di km in direzione di Escalaplano e seguire i cartelli turistici. Dotato di copertura a tholos, si ritiene che in origine quel torrione fosse alto almeno il doppio – più o meno quanto un odierno palazzo di otto piani – e concepito quale fulcro di un impressionante sistema difensivo che ancor oggi lo vede circondato da 5 torri, da una cinta muraria con altre 7 torri, e da due adiacenti cortine anch’esse punteggiate di torri, per un totale di 21, su una superficie di oltre 5000 mq. E’ il suggestivo, e per certi versi ancora misterioso, Nuraghe Arrubiu di Orroli, il più grande complesso nuragico della Sardegna (l’unico dell’isola con bastione pentalobato), nonché uno dei maggiori monumenti protostorici d’Europa. Oltre che per la sua mole, il Nuraghe Arrobiu si impone allo sguardo per la sua caratteristica colorazione rossastra (arrubiu in sardo significa ‘rosso’) dovuta ai licheni che ricoprono i grandi blocchi lapidei con cui è stato eretto nel II° millennio a.C., a partire forse proprio da quel torrione centrale incombente su un cortile che ha restituito una banchina, un focolare dalla cui cenere è emerso intatto un vaso usato a scopo propiziatorio, e un un sistema di canalizzazione che convogliava l’acqua piovana in un’apposita cisterna. Fra i rinvenimenti di maggior interesse storico rimane però quello di un vaso miceneo (1400-1300 a.C) scoperto in una camera del complesso, a testimonianza dei contatti commerciali fra la Sardegna e il resto del Mediterraneo. L’enorme quantità di materiale di crollo ricopriva poi altri quattro cortili, uno dei quali riadattato nel II° sec. a.C. dai Romani, al cui intervento è da ricondurre anche l’installazione di due laboratori artigianali per la produzione del vino. I due ambienti sono infatti accomunati dalla presenza di vasche sovrapposte di arenaria, torchi, canali e bacili utili per la pigiatura dell’uva e la raccolta del mosto. In uno dei cortili è stata inoltre rinvenuta la cosiddetta Capanna delle riunioni, la più grande capanna di epoca nuragica con al centro la base per un focolare e tutt’intorno un lungo sedile. Da una delle torri sono emersi resti della lavorazione del bronzo e del piombo, mentre da un’altra – detta dagli archeologi Torre delle donne – sono infine riaffiorati diversi oggetti di uso femminile: dalle fusaiole per filare la lana agli aghi, a strumenti come pugnali in osso e macine per i cereali. Tutto il complesso si articolava fra ingressi ad architrave, anditi e scale collegate con la sommità delle mura di cinta e delle terrazze delle torri perimetrali. Nell’area che circonda il nuraghe, massi basaltici, resti di diverse capanne (alcune delle quali ricostruite dagli studiosi a scopo didattico) e una Tomba dei Giganti, tipica necropoli collettiva di età nuragica,conferiscono al luogo un’atmosfera fuori dal tempo. UN LABORATORIO PER IL PANE DI 33 SECOLI FA Il “Gigante rosso” non ha peraltro cessato di riservare sorprese, come quella svelata dagli studiosi nel settembre 2014, quando in relazione alla concessione di scavo quinquennale ottenuta dal Comune di Orroli, sono stati resi noti gli esiti di alcune indagini archeologiche condotte da Fulvia Lo Schiavo, direttore del Museo Sa Domu ‘e su Nuraxi Arrubiu, e da Mauro Perra, curatore dello stesso Museo, in collaborazione con la Soprintendenza di Cagliari. Fra i numerosissimi dati analizzati, si sono imposti all’attenzione soprattutto quelli relativi alla camera di una delle torri del nuraghe, nota come “Torre C” o “Torre delle Donne”, dove l’approfondimento dello scavo ha consentito di individuare un laboratorio per la panificazione databile al XIII secolo a.C., fornito di piastre di cottura, recipienti per la preparazione del pane, decine di macine e macinelli in basalto, elementi di falcetto in ossidiana e diversi frammenti di un composto alimentare che analisi mirate hanno riconosciuto come pane non lievitato. Si aggiunge così un altro tassello alla ricostruzione della dieta degli antichi abitanti del nuraghe che, stando alle analisi eseguite su resti ossei, doveva essere ad alto contenuto proteico componendosi per lo più di alimenti come carne ovina, suina e di coniglio. Testimone di una civiltà ben organizzata, nata dall’evoluzione di preesistenti culture diffuse sull’isola già dal Neolitico, il Nuraghe Arrubiu fu, per cause ancora non del tutto chiarite, abbandonato dalla popolazione durante l’Età del Ferro, e tale rimase fino all’arrivo dei Romani che adattarono parte del complesso a villa rustica, ossia ad insediamento destinato alle attività agricole, utilizzo che proseguì fino all’alto medioevo. Come tanti altri siti archeologici italiani, anche questo di Orroli – oggetto di studi solo a partire dagli anni ’70 del Novecento – conserva zone ancora inesplorate, il cui scavo potrebbe contribuire a svelare gli ancora numerosi misteri sugli antichi abitanti della Sardegna.
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