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  Giovedì, 01 Gennaio 1970 - 01:00 :: Letture





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Commenti
N° 3033 - giuseppe ha scritto::
Set-’20
08

ARCHEOLOGIA AL ROGO, NUOVO ATTO. Da circa un ora le fiamme stanno devastando il Monte Cila. E' l'ennesimo rogo, in corso, al quinto tentativo del 2020. Marzo, Maggio, ed i due dell'ultima settimana. Oggi fanno cinque tentativi. Il quinto, quello buono, sta devastando il Monte Cila e le emergenze archeologiche ivi esistenti. E' l'ennesimo scempio delle vostre antiche vestigia e l'unico sentimento è una profonda indignazione. La indignazione e la delusione di chi, come noi di Cuore Sannita, cerca di far rivivere assieme a pochi altri il nostro patrimonio archeologico. Unica novità è il periodo diverso del rogo. Di solito accade in principio di Luglio o post ferragosto. Sono le 22.30 e guardiamo le fiamme, sempre più alte che dal lato vallone Paterno, proprietà del ns. socio Di Matteo, salgono verso la seconda cinta e l'apicale. Riflettiamo sulla immutabilità delle cose e la mente rimanda a quanto già lamentato ormai dal 2012 in ARCHEOLOGIA AL ROGO. " Le fiamme devastano il Parco Archeologico del Monte Cila È una calda giornata estiva, IL 20 Agosto 2012. Ci troviamo ai piedi del monte Cila parte, non secondaria, della antica Allifae (o Alliba) sannitica; assistiamo allo spettacolo, indegno, dell’ennesimo rogo devastatore della nostra cultura e della nostra civiltà. UNO SPETTACOLO CHE VA IN SCENA OGNI ANNO, DOPO FERRAGOSTO, CON UNA PRECISIONE tale da sembrare QUASI SOSPETTA. Il MONTE CILA è devastato da un rogo continuo, che distrugge la vegetazione e, con essa, le tracce di civiltà ivi insistenti ormai da 10.000 anni. Ma a chi interessa bloccare i soliti e puntualissimi piromani che innescano il circo degli interventi e dell’emergenza incendi? Il monte Cila è stato definito di grande attualità alla conclusione dei lavori del P.I.T. (progetti integrati territoriali) Trebulani Matese, nell’ambito del POR 2000-2006. Importo dei lavori 1.200.000,00 Euro. I lavori venivano consegnati “con la serenità dei giusti” ai posteri affinché preservassero, valorizzassero, tramandassero la memoria di quanto saputo e voluto dare; gli stessi lavori, poi, avrebbero previsto la tutela e la valorizzazione delle mura megalitiche esistenti. Ci chiediamo PERCHé E PER CHI IL PATRIMONIO CULTURALE DEL CILA SAREBBE STATO VALORIZZATO (sarebbe meglio dire che sono stati sperperati dei soldi). Il cittadino, anche quello matesino, dovrebbe sentire come proprio diritto e propria responsabilità la partecipazione all’eredità culturale in modo da contribuire alla divulgazione dello stesso patrimonio. Occorrerebbe uno sviluppo sinergico basato su un approccio partecipativo tra cittadini privati, istituzioni, associazioni tale da rendere realmente fruibile il patrimonio per la cui TUTELA VENGONO STANZIATI I FONDI. Invece, in un territorio già degradato sotto il profilo urbanistico dalla malattia del mattone, dobbiamo assistere, noi pochi REALMENTE APPASSIONATI DI CULTURA ITALICA, allo scempio delle pale eoliche che vengono inserite sulle apicali spesso ricche di antiche architetture. Quanto valgono in termini di cultura le vestigia contenute in questo monte che, vero e proprio scrigno della civiltà pentra, conserva come pochissimi altri luoghi del mondo italico opere poligonali di notevolissima estensione (circa 7000 metri)? Mommsen, Majuri e Marrocco si agitano nel loro sonno eterno pensando a cosa sia servito spendere delle somme ingenti per restaurare?! il “parco archeologico del Monte Cila”. A cosa è servito se i camminamenti sono ostruiti da "fense" e materiali vari che né impediscono la corretta fruizione nonostante le molteplici segnalazioni? Perché i camminamenti/interpoderali non vengono puliti se non da qualche volenteroso appassionato? Perché non vengono apposti cartelli segnalatori del sito? A COSA SERVONO I FONDI P.I.T. SE NON SI E’ IN GRADO DI FERMARE QUALCHE PIROMANE SERIALE CHE DISTRUGGE QUANTO FATICOSAMENTE COSTRUITO NEL CORSO DI OLTRE 2.500 ANNI? I terrazzamenti del Cila rappresentano non solo la nostra storia e la nostra cultura, ma anche la fatica dei nostri progenitori che sino a poche anni fa hanno terrazzato CON sudore e sangue la collina oltre che per difenderla, anche per coltivarla ed abitarla. IL CILA è PARTE DI NOI. Il nostro dovere è preservarlo ed in un paese civile occorre isolare chi devasta il territorio pena il rischio di divenire (se già non lo si è) conniventi. Aldilà dei circhi Barnum delle inaugurazioni, dei video propagandistici e delle dichiarazioni di principio, chiediamo alle istituzioni di adoperarsi per fermare lo scempio del nostro territorio ma, prima ancora, dobbiamo chiederlo a noi stessi. Per rispetto della nostra cultura, della nostra storia, della nostra identità; in una parola sola “PER NOI STESSI”. Il Presidente Giuseppe D’Abbraccio" Quanto scritto nel 2012 è ancora attuale. PURTROPPO, PER CHI COME NOI HA CERCATO DI PRESERVARE LE MURA MEGALITICHE SINO AD OGGI, L'AMAREZZA DI DOVER ASSISTERE A TALI SCEMPI. NULLA MUTA NELLA TERRA DEI ROGHI.
N° 3036 - giuseppe ha scritto::
Set-’20
10

MONTE CILA, 100.000 EURO IN FUMO. IN MENO DI 24 ORE. Un’ incendio, appiccato nella serata dell’8 Settembre e spento nel tardo pomeriggio del 9, ha “illuminato” i nostri luoghi. Quando un’area verde brucia, si spendono fiumi di soldi. Spegnere gli incendi ha un costo altissimo in termini economici. Costo che, ovviamente, ricade sulla collettività, sommandosi a quello ambientale e, nel caso di specie, a quello storico archeologico. La flotta di aerei di Stato, ovvero i mezzi «pesanti» indispensabili per avere la meglio sugli incendi più importanti, è composta da 15 velivoli Canadair e da 4 elicotteri Erikson (fonte Protezione Civile), cui si affiancano gli elicotteri regionali. Escludendo i costi di gestione, solo le ore di volo comportano esborsi notevoli: tra 5 e 15 mila euro l’ora per l’intervento di un Canadair, 10 mila per quello di un Erickson, 2 mila un «semplice» elicottero Aib regionale. Per farsi un’idea di quanto può costare un incendio, si pensi che nella sola giornata dello scorso 9 Settembre, cioè ieri, in cui sono stati ridotti in cenere 8/10 ettari almeno del cosiddetto Parco Archeologico del Monte Cila, consideriamo 4 ore di Canadair e circa 10 di elicotteri. Per un totale stimabile in circa 100.000 €. Naturalmente costa anche l’organizzazione a terra. Per fare un esempio, il sistema Aib della Comunità montana del Matese, formato da un certo numero di uomini appartenenti ad associazioni di Protezione civile e Gruppi vari, ha un costo fisso annuo tra assicurazioni, visite mediche, corsi, aggiornamento attrezzature. Poi ci sono i costi vivi degli interventi: logistica, carburante, attrezzature, sempre molto variabili». Ecco perché è importante la prevenzione. Eppure in tutto il territorio campano il periodo di alto rischio incendi boschivi porta al divieto di qualsiasi abbruciamento. Fino alla revoca del provvedimento c’è il divieto assoluto di accendere fuochi nei boschi e di bruciare ramaglie. Regole che non tutti rispettano nonostante il rischio della multa per chi brucia sterpaglie nonostante il divieto. Vi siete mai interrogati sul motivo che spinge ad appiccare il fuoco in un’area di interesse archeologico, danneggiando fondi privati? Si noti che il punto da cui è partito il rogo ultimo è stato oggetto di ben 5 tentativi dal 14 Marzo all’8 Settembre, di cui gli ultimi tre negli ultimi 11 giorni. Esclusa l’autocombustione, cerchiamo una chiave di lettura riguardo i roghi che ogni estate, puntualmente, hanno devastato migliaia di ettari di terreno in Campania e puntualmente, salvo un solo anno degli ultimi dieci, il Monte CILA. Di solito si dice, non a torto, che dietro gli incendi c’è la mano dell’uomo. Nelle zone di pascolo si fa riferimento ai pastori, in altre a delinquenti prestati alla deforestazione funzionale agli spazi da urbanizzare, spesso agli stessi forestali colpiti da ansia da contratto. Il classico fenomeno di “deresponsabilizzazione” italica. I politici si liberano così da ogni responsabilità e, via via, nella catena sociale il pensiero comune è: “non è colpa mia”. Prescindiamo dal valore storico archeologico che, a voler essere gentili, interessa a pochi. Tralasciamo le perdite della condotta ENEL che rendono difficoltosa la fruizione dei circuiti sannitici, la piantumazione di oleandri sulle mura che le rendono invisibili, gli atti vandalici ed ogni altro già più volte lamentato. Nel caso in esame si tratta di aree private, prive, si perdoni il gioco di parole, di un reale valore economico, stante l’abbandono di gran parte degli uliveti. Proprio quelli colpiti, Di Matteo e Paterno, erano tra i meglio tenuti. Oltre al DANNO STORICO ARCHEOLOGICO, a quello AMBIENTALE (flora, fauna, inquinamento), al DANNO ARRECATO AI PRIVATI ed ALLE LORO CULTURE (principalmente OLIVO e FRUTTA), al SURRISCALDAMENTO, vi è un punto che dovrebbe indurci a riflettere. Negli anni abbiamo cercato, faticosamente, di tener pulite almeno parte delle strutture sannitiche. Siam riusciti anche con la collaborazione di Associazioni (poche), ed Enti (meglio dire la sola Comunità Montana) a rendere fruibile il primo circuito sannitico e parte del secondo e del terzo. Abbiamo cercato di far comprendere che tenere pulito il Cila avrebbe portato alla produzione di olio, ad un incremento turistico, ad una maggior fruibilità del oggetto di un finanziamento ultramilionario (1.200.000 Euro). NON SIAMO STATI IN GRADO DI FAR COMPRENDERE CHE PULIRE I TRE SENTIERI CHE CONDUCONO VERSO l’APICALE, OLTRE a QUELLI LUNGO LE MURA (TRE), avrebbe SIGNIFICATO CREARE DELLE LINEE TAGLIAFUOCO. Eppure si è parlato sempre di mancanza di fondi e di altre priorità, NON PERCEPENDO, LA COLLETTIVITA’ (proprietari di fondi, Enti, fruitori), l’importanza di tenere in buona manutenzione l’area. MANCANZA di FONDI, si sente dire in ogni dove. Poi, per incanto, in un solo giorno vanno in FUMO VARI ETTARI DI ULIVETO e 100.000 EURO CIRCA, oltre a flora, fauna e storia. Si pensi ai costi dei canadair e degli elicotteri: 15mila euro l’ora i primi, 5000 l’ora i secondi, tali da dover indurci ad una riflessione: AVREMMO PAGATO CINQUE OPERAI FORESTALI PER UN ANNO. SI CHIAMA PREVENZIONE, non si possono sempre pagare milioni di euro per le EMERGENZE invece di spendere, magari la stessa cifra per gli operai tenuti alla manutenzione. RIFLETTETE. Noi continueremo, sempre più faticosamente a pulire le mura. A ben incontrarci, speriamo non al PROSSIMO INCENDIO
N° 3039 - giuseppe ha scritto::
Set-’20
13

MONTE CILA IN FUMO. I PIROMANI NON ARRETRANO. CUI PRODEST? Eravamo stati cattivi profeti. Pensavamo, speranzosi, che fosse finita. Ci sbagliavamo. L'incendio è stato appiccato per la sesta volta in sei mesi, la quarta in 10 giorni. IN FUMO almeno altri 10 ETTARI. Tra le fiamme i PINI MARITTIMI, la PRIMA e la SECONDA CINTA muraria di epoca SANNITICA e fiamme che lambiscono la parte apicale e la cosiddetta ACROPOLI. I pini marittimi, simbolo della nostra città, circondati dalle fiamme. Ricordiamo che NEL 2012 il PINO a monte, pur attaccato dalle fiamme, HA RESISTITO alle stesse. La corteccia, pur bruciata, è nata a nuova vita per esser come oggi, prima dell'ennesimo incendio, era. Ce la farà anche stavolta. Così pure il pino a valle. Lo speriamo fortemente. L'amarezza ci impedisce di continuare. Il nostro patrimonio va in fumo, cerchiamo di salvarlo. e...……. quando chiediamo una mano, cerchiamo di porgerla. Appena a metà Luglio, avevamo cercato di illustrare come la pulizia dei SENTIERI INTERPODERALI avrebbe creato delle LINEE TAGLIAFUOCO. Mancanza di mezzi ed altre priorità non hanno tradotto in pratica la nostra proposta. Dopo meno di due mesi abbiamo sperperato una marea di soldi pubblici depauperando il nostro patrimonio archeologico e storico, oltre che botanico. Tutto questo mentre si parla di salvaguardia del patrimonio culturale, della nostra storia e di Parco Regionale …….. Aldilà degli spot temporanei, CUI PRODEST?. Ed a chi, nei fatti e non a parole, interessa del Monte CILA, dei suoi ulivi, dei tassi, delle volpi, degli istrici, della frutta antica e della storia e della FATICA MILLENARIA che chi ci ha preceduto ha prodotto per terrazzare e rendere fruibili tali luoghi? Richiamiamo alla vostra memoria quanto scritto solo poche ore fa, ovvero il 10 c.m. "CILA, 100.000 EURO IN FUMO. IN MENO DI 24 ORE. Un’ incendio, appiccato nella serata dell’8 Settembre e spento nel tardo pomeriggio del 9, ha “illuminato” i nostri luoghi. Quando un’area verde brucia, si spendono fiumi di soldi. Spegnere gli incendi ha un costo altissimo in termini economici. Costo che, ovviamente, ricade sulla collettività, sommandosi a quello ambientale e, nel caso di specie, a quello storico archeologico. La flotta di aerei di Stato, ovvero i mezzi «pesanti» indispensabili per avere la meglio sugli incendi più importanti, è composta da 15 velivoli Canadair e da 4 elicotteri Erikson (fonte Protezione Civile), cui si affiancano gli elicotteri regionali. Escludendo i costi di gestione, solo le ore di volo comportano esborsi notevoli: tra 5 e 15 mila euro l’ora per l’intervento di un Canadair, 10 mila per quello di un Erickson, 2 mila un «semplice» elicottero Aib regionale. Per farsi un’idea di quanto può costare un incendio, si pensi che nella sola giornata dello scorso 9 Settembre, cioè ieri, in cui sono stati ridotti in cenere 8/10 ettari almeno del cosiddetto Parco Archeologico del Monte Cila, consideriamo 4 ore di Canadair e circa 10 di elicotteri. Per un totale stimabile in circa 100.000 €. Naturalmente costa anche l’organizzazione a terra. Per fare un esempio, il sistema Aib della Comunità montana del Matese, formato da un certo numero di uomini appartenenti ad associazioni di Protezione civile e Gruppi vari, ha un costo fisso annuo tra assicurazioni, visite mediche, corsi, aggiornamento attrezzature. Poi ci sono i costi vivi degli interventi: logistica, carburante, attrezzature, sempre molto variabili». Ecco perché è importante la prevenzione. Eppure in tutto il territorio campano il periodo di alto rischio incendi boschivi porta al divieto di qualsiasi abbruciamento. Fino alla revoca del provvedimento c’è il divieto assoluto di accendere fuochi nei boschi e di bruciare ramaglie. Regole che non tutti rispettano nonostante il rischio della multa per chi brucia sterpaglie nonostante il divieto. Vi siete mai interrogati sul motivo che spinge ad appiccare il fuoco in un’area di interesse archeologico, danneggiando fondi privati? Si noti che il punto da cui è partito il rogo ultimo è stato oggetto di ben 5 tentativi dal 14 Marzo all’8 Settembre, di cui gli ultimi tre negli ultimi 11 giorni. Esclusa l’autocombustione, cerchiamo una chiave di lettura riguardo i roghi che ogni estate, puntualmente, hanno devastato migliaia di ettari di terreno in Campania e puntualmente, salvo un solo anno degli ultimi dieci, il Monte CILA. Di solito si dice, non a torto, che dietro gli incendi c’è la mano dell’uomo. Nelle zone di pascolo si fa riferimento ai pastori, in altre a delinquenti prestati alla deforestazione funzionale agli spazi da urbanizzare, spesso agli stessi forestali colpiti da ansia da contratto. Il classico fenomeno di “deresponsabilizzazione” italica. I politici si liberano così da ogni responsabilità e, via via, nella catena sociale il pensiero comune è: “non è colpa mia”. Prescindiamo dal valore storico archeologico che, a voler essere gentili, interessa a pochi. Tralasciamo le perdite della condotta ENEL che rendono difficoltosa la fruizione dei circuiti sannitici, la piantumazione di oleandri sulle mura che le rendono invisibili, gli atti vandalici ed ogni altro già più volte lamentato. Nel caso in esame si tratta di aree private, prive, si perdoni il gioco di parole, di un reale valore economico, stante l’abbandono di gran parte degli uliveti. Proprio quelli colpiti, Di Matteo e Paterno, erano tra i meglio tenuti. Oltre al DANNO STORICO ARCHEOLOGICO, a quello AMBIENTALE (flora, fauna, inquinamento), al DANNO ARRECATO AI PRIVATI ed ALLE LORO CULTURE (principalmente OLIVO e FRUTTA), al SURRISCALDAMENTO, vi è un punto che dovrebbe indurci a riflettere. Negli anni abbiamo cercato, faticosamente, di tener pulite almeno parte delle strutture sannitiche. Siam riusciti anche con la collaborazione di Associazioni (poche), ed Enti (meglio dire la sola Comunità Montana) a rendere fruibile il primo circuito sannitico e parte del secondo e del terzo. Abbiamo cercato di far comprendere che tenere pulito il Cila avrebbe portato alla produzione di olio, ad un incremento turistico, ad una maggior fruibilità del oggetto di un finanziamento ultramilionario (1.200.000 Euro). NON SIAMO STATI IN GRADO DI FAR COMPRENDERE CHE PULIRE I TRE SENTIERI CHE CONDUCONO VERSO l’APICALE, OLTRE a QUELLI LUNGO LE MURA (TRE), avrebbe SIGNIFICATO CREARE DELLE LINEE TAGLIAFUOCO. Eppure si è parlato sempre di mancanza di fondi e di altre priorità, NON PERCEPENDO, LA COLLETTIVITA’ (proprietari di fondi, Enti, fruitori), l’importanza di tenere in buona manutenzione l’area. MANCANZA di FONDI, si sente dire in ogni dove. Poi, per incanto, in un solo giorno vanno in FUMO VARI ETTARI DI ULIVETO e 100.000 EURO CIRCA, oltre a flora, fauna e storia. Si pensi ai costi dei canadair e degli elicotteri: 15mila euro l’ora i primi, 5000 l’ora i secondi, tali da dover indurci ad una riflessione: AVREMMO PAGATO CINQUE OPERAI FORESTALI PER UN ANNO. SI CHIAMA PREVENZIONE, non si possono sempre pagare milioni di euro per le EMERGENZE invece di spendere, magari la stessa cifra per gli operai tenuti alla manutenzione. RIFLETTETE. Noi continueremo, sempre più faticosamente a pulire le mura. A ben incontrarci, speriamo non al PROSSIMO INCENDIO"
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