MONTE CILA, 100.000 EURO IN FUMO. IN MENO DI 24 ORE.
Un’ incendio, appiccato nella serata dell’8 Settembre e spento nel tardo pomeriggio del 9, ha “illuminato” i nostri luoghi. Quando un’area verde brucia, si spendono fiumi di soldi. Spegnere gli incendi ha un costo altissimo in termini economici. Costo che, ovviamente, ricade sulla collettività, sommandosi a quello ambientale e, nel caso di specie, a quello storico archeologico.
La flotta di aerei di Stato, ovvero i mezzi «pesanti» indispensabili per avere la meglio sugli incendi più importanti, è composta da 15 velivoli Canadair e da 4 elicotteri Erikson (fonte Protezione Civile), cui si affiancano gli elicotteri regionali. Escludendo i costi di gestione, solo le ore di volo comportano esborsi notevoli: tra 5 e 15 mila euro l’ora per l’intervento di un Canadair, 10 mila per quello di un Erickson, 2 mila un «semplice» elicottero Aib regionale.
Per farsi un’idea di quanto può costare un incendio, si pensi che nella sola giornata dello scorso 9 Settembre, cioè ieri, in cui sono stati ridotti in cenere 8/10 ettari almeno del cosiddetto Parco Archeologico del Monte Cila, consideriamo 4 ore di Canadair e circa 10 di elicotteri. Per un totale stimabile in circa 100.000 €. Naturalmente costa anche l’organizzazione a terra. Per fare un esempio, il sistema Aib della Comunità montana del Matese, formato da un certo numero di uomini appartenenti ad associazioni di Protezione civile e Gruppi vari, ha un costo fisso annuo tra assicurazioni, visite mediche, corsi, aggiornamento attrezzature.
Poi ci sono i costi vivi degli interventi: logistica, carburante, attrezzature, sempre molto variabili». Ecco perché è importante la prevenzione. Eppure in tutto il territorio campano il periodo di alto rischio incendi boschivi porta al divieto di qualsiasi abbruciamento. Fino alla revoca del provvedimento c’è il divieto assoluto di accendere fuochi nei boschi e di bruciare ramaglie. Regole che non tutti rispettano nonostante il rischio della multa per chi brucia sterpaglie nonostante il divieto.
Vi siete mai interrogati sul motivo che spinge ad appiccare il fuoco in un’area di interesse archeologico, danneggiando fondi privati? Si noti che il punto da cui è partito il rogo ultimo è stato oggetto di ben 5 tentativi dal 14 Marzo all’8 Settembre, di cui gli ultimi tre negli ultimi 11 giorni. Esclusa l’autocombustione, cerchiamo una chiave di lettura riguardo i roghi che ogni estate, puntualmente, hanno devastato migliaia di ettari di terreno in Campania e puntualmente, salvo un solo anno degli ultimi dieci, il Monte CILA. Di solito si dice, non a torto, che dietro gli incendi c’è la mano dell’uomo. Nelle zone di pascolo si fa riferimento ai pastori, in altre a delinquenti prestati alla deforestazione funzionale agli spazi da urbanizzare, spesso agli stessi forestali colpiti da ansia da contratto. Il classico fenomeno di “deresponsabilizzazione” italica. I politici si liberano così da ogni responsabilità e, via via, nella catena sociale il pensiero comune è: “non è colpa mia”.
Prescindiamo dal valore storico archeologico che, a voler essere gentili, interessa a pochi.
Tralasciamo le perdite della condotta ENEL che rendono difficoltosa la fruizione dei circuiti sannitici, la piantumazione di oleandri sulle mura che le rendono invisibili, gli atti vandalici ed ogni altro già più volte lamentato.
Nel caso in esame si tratta di aree private, prive, si perdoni il gioco di parole, di un reale valore economico, stante l’abbandono di gran parte degli uliveti. Proprio quelli colpiti, Di Matteo e Paterno, erano tra i meglio tenuti.
Oltre al DANNO STORICO ARCHEOLOGICO, a quello AMBIENTALE (flora, fauna, inquinamento), al DANNO ARRECATO AI PRIVATI ed ALLE LORO CULTURE (principalmente OLIVO e FRUTTA), al SURRISCALDAMENTO, vi è un punto che dovrebbe indurci a riflettere.
Negli anni abbiamo cercato, faticosamente, di tener pulite almeno parte delle strutture sannitiche. Siam riusciti anche con la collaborazione di Associazioni (poche), ed Enti (meglio dire la sola Comunità Montana) a rendere fruibile il primo circuito sannitico e parte del secondo e del terzo. Abbiamo cercato di far comprendere che tenere pulito il Cila avrebbe portato alla produzione di olio, ad un incremento turistico, ad una maggior fruibilità del oggetto di un finanziamento ultramilionario (1.200.000 Euro). NON SIAMO STATI IN GRADO DI FAR COMPRENDERE CHE PULIRE I TRE SENTIERI CHE CONDUCONO VERSO l’APICALE, OLTRE a QUELLI LUNGO LE MURA (TRE), avrebbe SIGNIFICATO CREARE DELLE LINEE TAGLIAFUOCO.
Eppure si è parlato sempre di mancanza di fondi e di altre priorità, NON PERCEPENDO, LA COLLETTIVITA’ (proprietari di fondi, Enti, fruitori), l’importanza di tenere in buona manutenzione l’area.
MANCANZA di FONDI, si sente dire in ogni dove. Poi, per incanto, in un solo giorno vanno in FUMO VARI ETTARI DI ULIVETO e 100.000 EURO CIRCA, oltre a flora, fauna e storia. Si pensi ai costi dei canadair e degli elicotteri: 15mila euro l’ora i primi, 5000 l’ora i secondi, tali da dover indurci ad una riflessione: AVREMMO PAGATO CINQUE OPERAI FORESTALI PER UN ANNO.
SI CHIAMA PREVENZIONE, non si possono sempre pagare milioni di euro per le EMERGENZE invece di spendere, magari la stessa cifra per gli operai tenuti alla manutenzione.
RIFLETTETE. Noi continueremo, sempre più faticosamente a pulire le mura.
A ben incontrarci, speriamo non al PROSSIMO INCENDIO
MONTE CILA IN FUMO. I PIROMANI NON ARRETRANO. CUI PRODEST?
Eravamo stati cattivi profeti. Pensavamo, speranzosi, che fosse finita. Ci sbagliavamo. L'incendio è stato appiccato per la sesta volta in sei mesi, la quarta in 10 giorni. IN FUMO almeno altri 10 ETTARI. Tra le fiamme i PINI MARITTIMI, la PRIMA e la SECONDA CINTA muraria di epoca SANNITICA e fiamme che lambiscono la parte apicale e la cosiddetta ACROPOLI.
I pini marittimi, simbolo della nostra città, circondati dalle fiamme. Ricordiamo che NEL
2012 il PINO a monte, pur attaccato dalle fiamme, HA RESISTITO alle stesse. La corteccia, pur bruciata, è nata a nuova vita per esser come oggi, prima dell'ennesimo incendio, era. Ce la farà anche stavolta. Così pure il pino a valle. Lo speriamo fortemente.
L'amarezza ci impedisce di continuare. Il nostro patrimonio va in fumo, cerchiamo di salvarlo. e...……. quando chiediamo una mano, cerchiamo di porgerla. Appena a metà Luglio, avevamo cercato di illustrare come la pulizia dei SENTIERI INTERPODERALI avrebbe creato delle LINEE TAGLIAFUOCO. Mancanza di mezzi ed altre priorità non hanno tradotto in pratica la nostra proposta. Dopo meno di due mesi abbiamo sperperato una marea di soldi pubblici depauperando il nostro patrimonio archeologico e storico, oltre che botanico.
Tutto questo mentre si parla di salvaguardia del patrimonio culturale, della nostra storia e di Parco Regionale ……..
Aldilà degli spot temporanei, CUI PRODEST?. Ed a chi, nei fatti e non a parole, interessa del Monte CILA, dei suoi ulivi, dei tassi, delle volpi, degli istrici, della frutta antica e della storia e della FATICA MILLENARIA che chi ci ha preceduto ha prodotto per terrazzare e rendere fruibili tali luoghi?
Richiamiamo alla vostra memoria quanto scritto solo poche ore fa, ovvero il 10 c.m.
"CILA, 100.000 EURO IN FUMO. IN MENO DI 24 ORE. Un’ incendio, appiccato nella serata dell’8 Settembre e spento nel tardo pomeriggio del 9, ha “illuminato” i nostri luoghi. Quando un’area verde brucia, si spendono fiumi di soldi. Spegnere gli incendi ha un costo altissimo in termini economici. Costo che, ovviamente, ricade sulla collettività, sommandosi a quello ambientale e, nel caso di specie, a quello storico archeologico. La flotta di aerei di Stato, ovvero i mezzi «pesanti» indispensabili per avere la meglio sugli incendi più importanti, è composta da 15 velivoli Canadair e da 4 elicotteri Erikson (fonte Protezione Civile), cui si affiancano gli elicotteri regionali. Escludendo i costi di gestione, solo le ore di volo comportano esborsi notevoli: tra 5 e 15 mila euro l’ora per l’intervento di un Canadair, 10 mila per quello di un Erickson, 2 mila un «semplice» elicottero Aib regionale. Per farsi un’idea di quanto può costare un incendio, si pensi che nella sola giornata dello scorso 9 Settembre, cioè ieri, in cui sono stati ridotti in cenere 8/10 ettari almeno del cosiddetto Parco Archeologico del Monte Cila, consideriamo 4 ore di Canadair e circa 10 di elicotteri. Per un totale stimabile in circa 100.000 €. Naturalmente costa anche l’organizzazione a terra. Per fare un esempio, il sistema Aib della Comunità montana del Matese, formato da un certo numero di uomini appartenenti ad associazioni di Protezione civile e Gruppi vari, ha un costo fisso annuo tra assicurazioni, visite mediche, corsi, aggiornamento attrezzature. Poi ci sono i costi vivi degli interventi: logistica, carburante, attrezzature, sempre molto variabili». Ecco perché è importante la prevenzione. Eppure in tutto il territorio campano il periodo di alto rischio incendi boschivi porta al divieto di qualsiasi abbruciamento. Fino alla revoca del provvedimento c’è il divieto assoluto di accendere fuochi nei boschi e di bruciare ramaglie. Regole che non tutti rispettano nonostante il rischio della multa per chi brucia sterpaglie nonostante il divieto. Vi siete mai interrogati sul motivo che spinge ad appiccare il fuoco in un’area di interesse archeologico, danneggiando fondi privati? Si noti che il punto da cui è partito il rogo ultimo è stato oggetto di ben 5 tentativi dal 14 Marzo all’8 Settembre, di cui gli ultimi tre negli ultimi 11 giorni. Esclusa l’autocombustione, cerchiamo una chiave di lettura riguardo i roghi che ogni estate, puntualmente, hanno devastato migliaia di ettari di terreno in Campania e puntualmente, salvo un solo anno degli ultimi dieci, il Monte CILA. Di solito si dice, non a torto, che dietro gli incendi c’è la mano dell’uomo. Nelle zone di pascolo si fa riferimento ai pastori, in altre a delinquenti prestati alla deforestazione funzionale agli spazi da urbanizzare, spesso agli stessi forestali colpiti da ansia da contratto. Il classico fenomeno di “deresponsabilizzazione” italica. I politici si liberano così da ogni responsabilità e, via via, nella catena sociale il pensiero comune è: “non è colpa mia”. Prescindiamo dal valore storico archeologico che, a voler essere gentili, interessa a pochi. Tralasciamo le perdite della condotta ENEL che rendono difficoltosa la fruizione dei circuiti sannitici, la piantumazione di oleandri sulle mura che le rendono invisibili, gli atti vandalici ed ogni altro già più volte lamentato. Nel caso in esame si tratta di aree private, prive, si perdoni il gioco di parole, di un reale valore economico, stante l’abbandono di gran parte degli uliveti. Proprio quelli colpiti, Di Matteo e Paterno, erano tra i meglio tenuti. Oltre al DANNO STORICO ARCHEOLOGICO, a quello AMBIENTALE (flora, fauna, inquinamento), al DANNO ARRECATO AI PRIVATI ed ALLE LORO CULTURE (principalmente OLIVO e FRUTTA), al SURRISCALDAMENTO, vi è un punto che dovrebbe indurci a riflettere. Negli anni abbiamo cercato, faticosamente, di tener pulite almeno parte delle strutture sannitiche. Siam riusciti anche con la collaborazione di Associazioni (poche), ed Enti (meglio dire la sola Comunità Montana) a rendere fruibile il primo circuito sannitico e parte del secondo e del terzo. Abbiamo cercato di far comprendere che tenere pulito il Cila avrebbe portato alla produzione di olio, ad un incremento turistico, ad una maggior fruibilità del oggetto di un finanziamento ultramilionario (1.200.000 Euro). NON SIAMO STATI IN GRADO DI FAR COMPRENDERE CHE PULIRE I TRE SENTIERI CHE CONDUCONO VERSO l’APICALE, OLTRE a QUELLI LUNGO LE MURA (TRE), avrebbe SIGNIFICATO CREARE DELLE LINEE TAGLIAFUOCO. Eppure si è parlato sempre di mancanza di fondi e di altre priorità, NON PERCEPENDO, LA COLLETTIVITA’ (proprietari di fondi, Enti, fruitori), l’importanza di tenere in buona manutenzione l’area. MANCANZA di FONDI, si sente dire in ogni dove. Poi, per incanto, in un solo giorno vanno in FUMO VARI ETTARI DI ULIVETO e 100.000 EURO CIRCA, oltre a flora, fauna e storia. Si pensi ai costi dei canadair e degli elicotteri: 15mila euro l’ora i primi, 5000 l’ora i secondi, tali da dover indurci ad una riflessione: AVREMMO PAGATO CINQUE OPERAI FORESTALI PER UN ANNO. SI CHIAMA PREVENZIONE, non si possono sempre pagare milioni di euro per le EMERGENZE invece di spendere, magari la stessa cifra per gli operai tenuti alla manutenzione. RIFLETTETE. Noi continueremo, sempre più faticosamente a pulire le mura. A ben incontrarci, speriamo non al PROSSIMO INCENDIO"
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MONTE CILA, 100.000 EURO IN FUMO. IN MENO DI 24 ORE. Un’ incendio, appiccato nella serata dell’8 Settembre e spento nel tardo pomeriggio del 9, ha “illuminato” i nostri luoghi. Quando un’area verde brucia, si spendono fiumi di soldi. Spegnere gli incendi ha un costo altissimo in termini economici. Costo che, ovviamente, ricade sulla collettività, sommandosi a quello ambientale e, nel caso di specie, a quello storico archeologico. La flotta di aerei di Stato, ovvero i mezzi «pesanti» indispensabili per avere la meglio sugli incendi più importanti, è composta da 15 velivoli Canadair e da 4 elicotteri Erikson (fonte Protezione Civile), cui si affiancano gli elicotteri regionali. Escludendo i costi di gestione, solo le ore di volo comportano esborsi notevoli: tra 5 e 15 mila euro l’ora per l’intervento di un Canadair, 10 mila per quello di un Erickson, 2 mila un «semplice» elicottero Aib regionale. Per farsi un’idea di quanto può costare un incendio, si pensi che nella sola giornata dello scorso 9 Settembre, cioè ieri, in cui sono stati ridotti in cenere 8/10 ettari almeno del cosiddetto Parco Archeologico del Monte Cila, consideriamo 4 ore di Canadair e circa 10 di elicotteri. Per un totale stimabile in circa 100.000 €. Naturalmente costa anche l’organizzazione a terra. Per fare un esempio, il sistema Aib della Comunità montana del Matese, formato da un certo numero di uomini appartenenti ad associazioni di Protezione civile e Gruppi vari, ha un costo fisso annuo tra assicurazioni, visite mediche, corsi, aggiornamento attrezzature. Poi ci sono i costi vivi degli interventi: logistica, carburante, attrezzature, sempre molto variabili». Ecco perché è importante la prevenzione. Eppure in tutto il territorio campano il periodo di alto rischio incendi boschivi porta al divieto di qualsiasi abbruciamento. Fino alla revoca del provvedimento c’è il divieto assoluto di accendere fuochi nei boschi e di bruciare ramaglie. Regole che non tutti rispettano nonostante il rischio della multa per chi brucia sterpaglie nonostante il divieto. Vi siete mai interrogati sul motivo che spinge ad appiccare il fuoco in un’area di interesse archeologico, danneggiando fondi privati? Si noti che il punto da cui è partito il rogo ultimo è stato oggetto di ben 5 tentativi dal 14 Marzo all’8 Settembre, di cui gli ultimi tre negli ultimi 11 giorni. Esclusa l’autocombustione, cerchiamo una chiave di lettura riguardo i roghi che ogni estate, puntualmente, hanno devastato migliaia di ettari di terreno in Campania e puntualmente, salvo un solo anno degli ultimi dieci, il Monte CILA. Di solito si dice, non a torto, che dietro gli incendi c’è la mano dell’uomo. Nelle zone di pascolo si fa riferimento ai pastori, in altre a delinquenti prestati alla deforestazione funzionale agli spazi da urbanizzare, spesso agli stessi forestali colpiti da ansia da contratto. Il classico fenomeno di “deresponsabilizzazione” italica. I politici si liberano così da ogni responsabilità e, via via, nella catena sociale il pensiero comune è: “non è colpa mia”. Prescindiamo dal valore storico archeologico che, a voler essere gentili, interessa a pochi. Tralasciamo le perdite della condotta ENEL che rendono difficoltosa la fruizione dei circuiti sannitici, la piantumazione di oleandri sulle mura che le rendono invisibili, gli atti vandalici ed ogni altro già più volte lamentato. Nel caso in esame si tratta di aree private, prive, si perdoni il gioco di parole, di un reale valore economico, stante l’abbandono di gran parte degli uliveti. Proprio quelli colpiti, Di Matteo e Paterno, erano tra i meglio tenuti. Oltre al DANNO STORICO ARCHEOLOGICO, a quello AMBIENTALE (flora, fauna, inquinamento), al DANNO ARRECATO AI PRIVATI ed ALLE LORO CULTURE (principalmente OLIVO e FRUTTA), al SURRISCALDAMENTO, vi è un punto che dovrebbe indurci a riflettere. Negli anni abbiamo cercato, faticosamente, di tener pulite almeno parte delle strutture sannitiche. Siam riusciti anche con la collaborazione di Associazioni (poche), ed Enti (meglio dire la sola Comunità Montana) a rendere fruibile il primo circuito sannitico e parte del secondo e del terzo. Abbiamo cercato di far comprendere che tenere pulito il Cila avrebbe portato alla produzione di olio, ad un incremento turistico, ad una maggior fruibilità del oggetto di un finanziamento ultramilionario (1.200.000 Euro). NON SIAMO STATI IN GRADO DI FAR COMPRENDERE CHE PULIRE I TRE SENTIERI CHE CONDUCONO VERSO l’APICALE, OLTRE a QUELLI LUNGO LE MURA (TRE), avrebbe SIGNIFICATO CREARE DELLE LINEE TAGLIAFUOCO. Eppure si è parlato sempre di mancanza di fondi e di altre priorità, NON PERCEPENDO, LA COLLETTIVITA’ (proprietari di fondi, Enti, fruitori), l’importanza di tenere in buona manutenzione l’area. MANCANZA di FONDI, si sente dire in ogni dove. Poi, per incanto, in un solo giorno vanno in FUMO VARI ETTARI DI ULIVETO e 100.000 EURO CIRCA, oltre a flora, fauna e storia. Si pensi ai costi dei canadair e degli elicotteri: 15mila euro l’ora i primi, 5000 l’ora i secondi, tali da dover indurci ad una riflessione: AVREMMO PAGATO CINQUE OPERAI FORESTALI PER UN ANNO. SI CHIAMA PREVENZIONE, non si possono sempre pagare milioni di euro per le EMERGENZE invece di spendere, magari la stessa cifra per gli operai tenuti alla manutenzione. RIFLETTETE. Noi continueremo, sempre più faticosamente a pulire le mura. A ben incontrarci, speriamo non al PROSSIMO INCENDIO
MONTE CILA IN FUMO. I PIROMANI NON ARRETRANO. CUI PRODEST? Eravamo stati cattivi profeti. Pensavamo, speranzosi, che fosse finita. Ci sbagliavamo. L'incendio è stato appiccato per la sesta volta in sei mesi, la quarta in 10 giorni. IN FUMO almeno altri 10 ETTARI. Tra le fiamme i PINI MARITTIMI, la PRIMA e la SECONDA CINTA muraria di epoca SANNITICA e fiamme che lambiscono la parte apicale e la cosiddetta ACROPOLI. I pini marittimi, simbolo della nostra città, circondati dalle fiamme. Ricordiamo che NEL 2012 il PINO a monte, pur attaccato dalle fiamme, HA RESISTITO alle stesse. La corteccia, pur bruciata, è nata a nuova vita per esser come oggi, prima dell'ennesimo incendio, era. Ce la farà anche stavolta. Così pure il pino a valle. Lo speriamo fortemente. L'amarezza ci impedisce di continuare. Il nostro patrimonio va in fumo, cerchiamo di salvarlo. e...……. quando chiediamo una mano, cerchiamo di porgerla. Appena a metà Luglio, avevamo cercato di illustrare come la pulizia dei SENTIERI INTERPODERALI avrebbe creato delle LINEE TAGLIAFUOCO. Mancanza di mezzi ed altre priorità non hanno tradotto in pratica la nostra proposta. Dopo meno di due mesi abbiamo sperperato una marea di soldi pubblici depauperando il nostro patrimonio archeologico e storico, oltre che botanico. Tutto questo mentre si parla di salvaguardia del patrimonio culturale, della nostra storia e di Parco Regionale …….. Aldilà degli spot temporanei, CUI PRODEST?. Ed a chi, nei fatti e non a parole, interessa del Monte CILA, dei suoi ulivi, dei tassi, delle volpi, degli istrici, della frutta antica e della storia e della FATICA MILLENARIA che chi ci ha preceduto ha prodotto per terrazzare e rendere fruibili tali luoghi? Richiamiamo alla vostra memoria quanto scritto solo poche ore fa, ovvero il 10 c.m. "CILA, 100.000 EURO IN FUMO. IN MENO DI 24 ORE. Un’ incendio, appiccato nella serata dell’8 Settembre e spento nel tardo pomeriggio del 9, ha “illuminato” i nostri luoghi. Quando un’area verde brucia, si spendono fiumi di soldi. Spegnere gli incendi ha un costo altissimo in termini economici. Costo che, ovviamente, ricade sulla collettività, sommandosi a quello ambientale e, nel caso di specie, a quello storico archeologico. La flotta di aerei di Stato, ovvero i mezzi «pesanti» indispensabili per avere la meglio sugli incendi più importanti, è composta da 15 velivoli Canadair e da 4 elicotteri Erikson (fonte Protezione Civile), cui si affiancano gli elicotteri regionali. Escludendo i costi di gestione, solo le ore di volo comportano esborsi notevoli: tra 5 e 15 mila euro l’ora per l’intervento di un Canadair, 10 mila per quello di un Erickson, 2 mila un «semplice» elicottero Aib regionale. Per farsi un’idea di quanto può costare un incendio, si pensi che nella sola giornata dello scorso 9 Settembre, cioè ieri, in cui sono stati ridotti in cenere 8/10 ettari almeno del cosiddetto Parco Archeologico del Monte Cila, consideriamo 4 ore di Canadair e circa 10 di elicotteri. Per un totale stimabile in circa 100.000 €. Naturalmente costa anche l’organizzazione a terra. Per fare un esempio, il sistema Aib della Comunità montana del Matese, formato da un certo numero di uomini appartenenti ad associazioni di Protezione civile e Gruppi vari, ha un costo fisso annuo tra assicurazioni, visite mediche, corsi, aggiornamento attrezzature. Poi ci sono i costi vivi degli interventi: logistica, carburante, attrezzature, sempre molto variabili». Ecco perché è importante la prevenzione. Eppure in tutto il territorio campano il periodo di alto rischio incendi boschivi porta al divieto di qualsiasi abbruciamento. Fino alla revoca del provvedimento c’è il divieto assoluto di accendere fuochi nei boschi e di bruciare ramaglie. Regole che non tutti rispettano nonostante il rischio della multa per chi brucia sterpaglie nonostante il divieto. Vi siete mai interrogati sul motivo che spinge ad appiccare il fuoco in un’area di interesse archeologico, danneggiando fondi privati? Si noti che il punto da cui è partito il rogo ultimo è stato oggetto di ben 5 tentativi dal 14 Marzo all’8 Settembre, di cui gli ultimi tre negli ultimi 11 giorni. Esclusa l’autocombustione, cerchiamo una chiave di lettura riguardo i roghi che ogni estate, puntualmente, hanno devastato migliaia di ettari di terreno in Campania e puntualmente, salvo un solo anno degli ultimi dieci, il Monte CILA. Di solito si dice, non a torto, che dietro gli incendi c’è la mano dell’uomo. Nelle zone di pascolo si fa riferimento ai pastori, in altre a delinquenti prestati alla deforestazione funzionale agli spazi da urbanizzare, spesso agli stessi forestali colpiti da ansia da contratto. Il classico fenomeno di “deresponsabilizzazione” italica. I politici si liberano così da ogni responsabilità e, via via, nella catena sociale il pensiero comune è: “non è colpa mia”. Prescindiamo dal valore storico archeologico che, a voler essere gentili, interessa a pochi. Tralasciamo le perdite della condotta ENEL che rendono difficoltosa la fruizione dei circuiti sannitici, la piantumazione di oleandri sulle mura che le rendono invisibili, gli atti vandalici ed ogni altro già più volte lamentato. Nel caso in esame si tratta di aree private, prive, si perdoni il gioco di parole, di un reale valore economico, stante l’abbandono di gran parte degli uliveti. Proprio quelli colpiti, Di Matteo e Paterno, erano tra i meglio tenuti. Oltre al DANNO STORICO ARCHEOLOGICO, a quello AMBIENTALE (flora, fauna, inquinamento), al DANNO ARRECATO AI PRIVATI ed ALLE LORO CULTURE (principalmente OLIVO e FRUTTA), al SURRISCALDAMENTO, vi è un punto che dovrebbe indurci a riflettere. Negli anni abbiamo cercato, faticosamente, di tener pulite almeno parte delle strutture sannitiche. Siam riusciti anche con la collaborazione di Associazioni (poche), ed Enti (meglio dire la sola Comunità Montana) a rendere fruibile il primo circuito sannitico e parte del secondo e del terzo. Abbiamo cercato di far comprendere che tenere pulito il Cila avrebbe portato alla produzione di olio, ad un incremento turistico, ad una maggior fruibilità del oggetto di un finanziamento ultramilionario (1.200.000 Euro). NON SIAMO STATI IN GRADO DI FAR COMPRENDERE CHE PULIRE I TRE SENTIERI CHE CONDUCONO VERSO l’APICALE, OLTRE a QUELLI LUNGO LE MURA (TRE), avrebbe SIGNIFICATO CREARE DELLE LINEE TAGLIAFUOCO. Eppure si è parlato sempre di mancanza di fondi e di altre priorità, NON PERCEPENDO, LA COLLETTIVITA’ (proprietari di fondi, Enti, fruitori), l’importanza di tenere in buona manutenzione l’area. MANCANZA di FONDI, si sente dire in ogni dove. Poi, per incanto, in un solo giorno vanno in FUMO VARI ETTARI DI ULIVETO e 100.000 EURO CIRCA, oltre a flora, fauna e storia. Si pensi ai costi dei canadair e degli elicotteri: 15mila euro l’ora i primi, 5000 l’ora i secondi, tali da dover indurci ad una riflessione: AVREMMO PAGATO CINQUE OPERAI FORESTALI PER UN ANNO. SI CHIAMA PREVENZIONE, non si possono sempre pagare milioni di euro per le EMERGENZE invece di spendere, magari la stessa cifra per gli operai tenuti alla manutenzione. RIFLETTETE. Noi continueremo, sempre più faticosamente a pulire le mura. A ben incontrarci, speriamo non al PROSSIMO INCENDIO"
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